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Segue le sedi di Parigi, Singapore, Tokyo e Venezia, anche se sembra piuttosto “raw” nella sua prima programmazione. Stiamo parlando del nuovo spazio targato Louis Vuitton, che apre le sue porte oggi a Monaco di Baviera, con una prima mostra di 24 opere provenienti da quattro collezioni private della città tedesca (ICC, Lorenz/Amandine Cornette de Saint Cyr, Mackert e Wiese collections) che contano i nomi di Martin Boyce, Mark Dion, Simon Dybbroe Møller, Claire Fontaine, Jonathan Horowitz, Jonathan Monk, Richard Prince, Martha Rosler e Tino Sehgal, tra gli altri, e otto nuove fotografie di Annette Kelm. Il tutto sotto la curatela di Jens Hoffmann. Un’inizio con il botto insomma, e con un titolo decisamente importante “No Such Thing As History”.
Anche in questo caso, come in molti progetti curatoriali degli ultimi tempi, è il concetto della collezione che viene sviscerato: non solo un accumulo di opere d’arte, ma un locus per la creazione di significato e un sito per testimoniare gli sviluppi della storia dell’arte, in un più ampio quadro storico. Spiega Jens Hoffmann: «Molti artisti hanno guardato al fatto che molto di ciò che pensiamo di sapere, infatti, costituisce un’invenzione creata per colmare un vuoto di non-sapere. La storia in molti casi è semplicemente finzione». Ecco insomma la scultura, pittura e fotografia dei più influenti contemporanei (spesso giovani, ma con carriere stellari) per mettere in scena, per la prima volta nelle attività culturali del grande brand francese, una serie di opere che indagano e mettono in discussione una comprensione tradizionale della storia. L’aria cambia anche qui? E ci si riscopre più vicini, ancora, a un modello-Gioni?