01 aprile 2014

Reading Room Il libro come galleria d’arte

 
Il libro come galleria d’arte
di Francesca Coppola
Il nome, Edizioni Inaudite, fa il verso a Einaudi, e in effetti è una casa editrice. Ma fondata da un’artista: Barbara Fragogna. E quindi fa qualcosa di più che fare semplicemente libri

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L’idea di Edizioni Inaudite venne a Barbara Fragogna, artista veneta trapiantata a Berlino, ma dallo spirito mobile e itinerante, mentre stava lavorando al suo progetto Nest of Dust.
Ma iniziamo dai promordi. Cioè dalla A di Artista. Perché se ogni casa editrice incarna il suo editore, nel senso che è lo sviluppo coerente della sua personalità, la sua valigia dei sogni, la sua propaggine di carta, di Barbara Fragogna non si può non parlare.  Considerata la sua suscettibilità rispetto al “definire” – agli “inscatolamenti di misura standard” ai telai premontati della verbosità critica, a un sistema dell’arte che pensa sempre più di frequente ai grandi numeri, a diventare un insieme parallelo a quello hollywoodiano –, la introduco dicendo solo che è stata curatrice al Tacheles e che appartiene a quella frangia di artisti senza vessillo, assolutamente solipsisti ed autarchici ma paradossalmente,  proprio in virtù di questa sorta di ostracismo creativo, uniti tra di loro da un forte spirito di comunità e di collaborazione. Fornisco al lettore un assaggio d’artista trascrivendo in  parte uno dei suoi lavori, 3rd Millennium Phenomena (cover letters) Work in progress:
«Dear Gallerist, Dearest Art Critic, 
I am a female artist.
I’m a lesbian.
I have a “Social-Monarchic” attitude.
Edizioni Inaudite, Barbara Fragogna, Everyday Renaissance
Dopo questi brevi cenni di Barbara Fragogna si può passare al progetto Edizioni Inaudite. Il nome, riuscitissimo e accattivante, come peraltro i nomi interni delle collane da Gli Irrilevanti a Big stuff, richiama quello dell’Einaudi, caposaldo dell’Editoria italiana nel cui catalogo «ciascuno vorrebbe comparire», ma dal quale la Fragogna si distanzia per avviare un progetto totalmente inaudito, per dare voce a voci marginali, inascoltate, amiche. Altro riferimento indiscusso è Virgina Woolf:  «Se si vuole fare qualcosa bisogna cercare sempre di essere autonomi. Se Virginia Woolf non avesse aperto la Hogarth Press (col marito) probabilmente non avrebbe pubblicato tutti i suoi romanzi in “tempo reale” cioè in vita… attraverso quella casa editrice, dove lei, il marito e un solo collaboratore (!), componevano le pagine (altro che inDesign!), rilegavano e distribuivano i libri, oltre ai suoi lavori ha anche permesso ad altri scrittori e intellettuali del tempo di realizzare le proprie opere. Virginia è una delle mie pietre miliari».
Se autogestirsi è il primo obiettivo dell’artista contemporaneo, oggi diventa necessario anche mantenere caratteristiche di flessibilità e di adattabilità. E un artista che è nello stesso tempo un curatore lo sa bene. Come imprescindibile è dare voce e spazio ai propri lavori e agli artisti che condividono il medesimo percorso. 
Edizioni Inaudite, Barbara Fragogna, Everyday Renaissance
Cosa può garantire insieme l’autonomia, la flessibilità e la visibilità? Il libro d’artista. «La Casa Editrice assolve così la funzione di galleria, diventa un modo per sostenere gli artisti. Diventa cioè un progetto artistico e curatoriale». 
E l’occasione nasce, come accennato all’inizio, da un personale progetto di Barbara Fragogna: Nest of Dust. Il lavoro, che analizza, smitizza, ironizza, l’Arte Concettuale per diventare un “consapevole” lavoro di Arte Concettuale che a sua volta tautologicamente ironizza su se stesso, contiene già in nuce la poetica della casa editrice. Ad esempio, quando evidenzia la possibilità, mediante la pubblicazione, di illuminare quei lavori che spesso per ragioni di mercato restano nelle cantine degli artisti: «Esiste un’altra faccia delle molteplici Fragogna che invece darebbe ragione ai più o meno alcuni che la chiamassero “un artista di concetto”, una teorica, una Kosuthiana. Una faccia meno nota, un lato rimasto fino ad ora in ombra, una porzione di buio che in questo libercolo noi vorremmo finalmente portare alla luce».
Edizioni Inaudite, Barbara Fragogna, Everyday Renaissance
La casa editrice è come un nido che protegge ed è una sorta di incubatrice energetica per gli artisti. E da cosa è costituito questo nido? Su cosa possono fare affidamento gli artisti che vi si rivolgono? Estro, contaminazione, apertura, ambizione, ironia, eleganza, serietà se vogliamo parlare dei contenuti. Per ciò che concerne invece gli aspetti tecnici: un’edizione numerata, firmata, con ristampe diverse dalla prima edizione ma sempre a tiratura limitata, bassi costi di produzione, un sistema di prevendita, una percentuale più alta di quella normalmente destinata agli autori a favore degli artisti, la presentazione del libro. «Diffondere una cultura del collezionismo d’arte affrancato dall’aurea altisonante e preclusa ai più che solitamente vi si associa. Le opere pubblicate e curate da Edizioni Inaudite sono per lo più libri d’artista, dunque unici, in tiratura limitata e personalizzati in ogni esemplare, quindi vere e proprie opere d’arte».  È come se il libro utilizzasse l’opera per superarla, andare oltre, per farle raggiungere un nuovo confine e guadagnarsi una nuova identità.
Così all’interno della prima collana hanno trovato posto oltre alla Fragogna: Pedro Ahner e Exilentia Exiff e presto la collana Big stuff ospiterà un volume dedicato a Giosetta Fioroni a cura di Cristina Fiore e Andrea Penzo e uno a Martin Reiter
Edizioni Inaudite, Barbara Fragogna, Everyday Renaissance
L’ultima novità è il volume di Barbara Fragogna Everyday Renaissance, un lavoro che ancora una volta mira a creare un sistema a parte, un “nuovo satellite nella galassia inaudita”: il libro è basato sull’apparente semplicità di accostamento di immagini ormai note del mondo dell’arte con gesti che fanno parte della quotidianità dell’universo femminile. Il confronto con il classico è di natura immediata e cattura subito l’attenzione dello spettatore. Superato il primo e più semplice livello di lettura però, emergono altre tematiche: quella della donna e del suo apparire in una società che ha sviluppato una dipendenza quasi chimica da Photoshop come fosse un pacchetto di patatine invece che un programma di fotoritocco; la componente ironica ma soprattutto autoironica, elemento questo che contraddistingue ed aggiunge una nota molto personale e anche di pregio al suo lavoro; inoltre, e insisto su questo punto, questa accessibilità al contenuto dell’opera è impreziosita e non sminuita dall’uso di strumentazioni poco costose (la macchina fotografica utilizzata non è professionale, le foto non sono ad alta risoluzione) e da una messinscena minima. Il volume è stato presentato in anteprima a Berlino il 22 marzo presso la Galleria B52, e prossimamente anche in Italia. 
Concludendo, l’intero progetto editoriale – ideato da Barbara Fragogna e portato avanti anche grazie alla collaborazione di Claudia di Giacomo – sembra esistere per dirci che il mondo dell’arte è un universo complesso, variegato, e multiforme. E che un’alternativa a un sistema forte con il quale si fatica a scendere a compromessi, esiste sempre: basta darle voce. 

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