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Assolto con formula piena dall’accusa di vandalismo. È una sentenza storica quella emessa dal Tribunale di Milano, e anche una buona notizia per tutti i writer. Perché per la prima volta viene riconosciuto legalmente il valore artistico di un’opera di street art, in questo caso il graffito di Manu Invisible, realizzato in via Piranesi, proprio a Milano, nel giugno 2011.
Per celebrare questa rivalsa, il giovane artista sardo, stavolta previa autorizzazione, ha trasformato il processo in soggetto della sua ultima opera a Segrate, qualche chilometro a est dal luogo del murales incriminato.
Il giudice ha ricordato, infatti, che le intenzioni dell’artista erano quelle di abbellire una zona già degradata, facendo crollare i pregiudizi che accompagnano da sempre l’arte urbana, spontanea e non. Certo è che la sentenza scatenerà polemiche prevedibili sul confine tra vandalismo ed operazione culturale.
Sta di fatto però che, dopo diversi processi conclusi con condanne per associazione a delinquere e l’opera incompleta e ormai quasi coperta da nuove scritte, questo procedimento diventerà un precedente importantissimo, che scardina le certezze dei detrattori dell’arte con la bomboletta.
Insomma, pare che si sia fatta un po’ di strada rispetto all’episodio successo a Bros nel 2010, anche lui al centro di un processo simile, perché stavolta ad essere presa in considerazione è stata la validità del graffito come opera d’arte, come del resto stanno facendo un manipolo di festival ed iniziative che promuovo, a tutte le latitudini, il potenziale sociale della street art. Non più vandali quindi, ma artisti a tutti gli effetti. Anche per la legge.