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“I don’t know, or the weave of textile language” è il titolo. Per una mostra dal linguaggio morbido e magnificente, che omaggerà i cinquant’anni di carriera uno degli artisti più grandi della storia dell’arte americana di oggi, Richard Tuttle.
L’occasione è ghiotta e mette insieme Whitechapel Gallery con Tate Modern, che nella Turbine Hall, dal prossimo mese di ottobre, metterà in mostra la più grande installazione mai realizzata dall’artista. Principalmente costituita da tessuto, sarà il lavoro più grande mai creato da Tuttle, per qualcosa che misurerà oltre dodici metri di altezza, unendo stoffe appositamente realizzate unendo fibre naturali e artificiali che andranno a creare diverse trame in colori vivaci. Il tutto sarà sospeso dal soffitto come una forma scultorea, in contrasto con la solida architettura industriale della Turbine Hall, per creare un volume enorme di colore.
Nato nel 1941 e sull’onda dai primi anni ’60, Tuttle unisce la scultura, la pittura, la poesia e il disegno con un approccio delicato e giocoso, e utilizzando quasi esclusivamente materiali di uso quotidiano: stoffa, appunto, carta, corda e compensato.
Diventato celebre anche per l’usanza di appendere direttamente al muro le opere, alla Whitechapel vi sarà invece un percorso più “antologico” della sua carriera, passando dagli ultimi lavori fino a alla ri-creazione di sculture chiave come Ten Kinds of Memory e Memory Itself del 1972. Ma tutta l’occupazione della Whitechapel avrà una serie di opere “corrispondenti” allo spazio della galleria, occupando sia le sale al piano terra che il primo piano, dove sarà presente anche la scultura di tre metri Systems VI del 2011. A cura di Magnus af Petersens, Chief Curator di Whitechapel Gallery e Achim Borchardt-Hume, della Tate Modern, la mostra sarà anche occasione per un nuovo libro sull’artista. E si ritorna insomma nella vecchia Turbin Hall: è finito il tempo degli orfani della Unlimited londinese.