07 luglio 2014

La biennale delle cose che non esistono. Annunciati il tema e una manciata di artisti per San Paolo, ma anche qui nessun italiano all’orizzonte

 

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31esima Biennale di San Paolo, image: ©Prabhakar Pachpute

Tra i grandi nomi che anche da questa parte del’Atlantico conosciamo ci sono Asger Jorn, Jo Baer, Marta Neves, Sheela Gowda, Walid Raad, Yael Bartana, ma saranno in tutto oltre 100 e molti saranno annunciati il mese prossimo. Quindi, forse, di vedere qualche italiano alla prossima 31esima Biennale di San Paolo c’è qualche speranza. Quel che invece è certo è che si è scelta la comunicazione del tema e dei partecipanti abbastanza vicini allo scadere del tempo: si apre infatti il prossimo 6 settembre, tra due mesi esatti al Padiglione Ciccillo Matarazzo, per la prima volta dopo la morte di Oscar Niemeyer a fine 2012, e non è un caso che l’architettura come palcoscenico per presentare l’arte è una delle tematiche su cui verterà questa biennale che si occuperà delle cose che non esistono: things that don’t exist. A cura di Charles Esche, Galit Eilat, Nuria Enguita Mayo, Pablo Lafuente e Oren Sagiv con i curatori associati Benjamin Seroussi e Luiza Proença (parecchi nomi, ma il risultato?), si partirà dall’aspetto poetico alla promessa dell’arte, al’utopia al lato “storico” di un’arte che possa riesaminare il passato per il loro definire nuovamente il contemporaneo.
70 progetti, per un totale di circa 250 opere ma dove, spiegano gli organizzatori, «progetto è una parola che esula dalla tradizionale idea di opera d’arte “autonoma” fatta in uno studio di un artista. Utilizzando la parola “progetto” possiamo introdurre una gamma più ampia di pratiche culturali che comprendono persone che lavorano in altri ambiti: educatori, sociologi, architetti. Il termine serve anche a incoraggiare collaborazioni e una trans-disciplinarietà».
Anche in questo caso, insomma, si gioca sul politico e sulla sociologia, e più della metà dei progetti sono stati realizzati appositamente per questa manifestazione, con molti degli artisti che hanno prodotto il lavoro a seguito di una residenza in città o dopo la possibilità di aver viaggiato di più in Brasile.
Vedremo insomma se i Carioca riusciranno a mantenere l’appeal dopo i mondiali e le immense polemiche e rivolte della popolazione. Una società diversa e più equa? Pare la si racconterà anche qui, aggiornamenti in corso.

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