26 agosto 2014

Qualche ora in più di storia dell’arte, e stage in musei e siti archeologici. La riforma della scuola del Ministro Giannini passerà anche di qui

 

di

Thomas Struth, Musei Vaticani, 1990

C’è decisamente attesa per il Consiglio dei Ministri del 29 agosto prossimo. Perché per una volta, nel nuovo governo Renzi, sembra che la “rivoluzione” della scuola, come molta stampa generalista stamani l’ha nominata, passi sia per una sistemazione della classe insegnanti, ma soprattutto per la formazione degli studenti. L’eliminazione delle supplenze «che fanno male sia a chi le fa, sia a chi è al banco», come ha detto la Ministro Stefania Giannini, è forse il grande nodo che andrà sciolto, ma tra le fila della nuova scuola ci saranno anche una serie di aggiornamenti su temi caldi del passato. 
Non sono previste demolizioni delle riforme Moratti e Gelmini, ma quello che probabilmente verrà reintrodotto, all’atto pratico, sono un paio di ore di storia dell’arte nei primi anni dei licei e anche negli istituti turistici, e la visione di un modello “duale” come quello portato avanti da Germania e Francia, nel senso che la scuola per certi versi è il primo passo verso il lavoro, e sussiste quindi una sorte “aziendalizzazione” degli istituti. Qualcuno ha già gridato allo scandalo – in questo caso c’è l’idea della privatizzazione della scuola pubblica, la sua svendita a una “holding” qualsiasi che possa plasmarla per il suo capitale – ma quel che è vero è che molto spesso le aziende non trovano negli studenti italiani una vera forza-lavoro, con conseguente tasso di disoccupazione, mentre altri Paesi europei sono orientati sul tema da dozzine d’anni. 
Più storia dell’arte, insomma, anche per un lavoro di gestione dei Beni Culturali, anche perché la riforma della scuola nasce da un protocollo d’intesa con il Ministero di Franceschini. La scuola, come ben sappiamo, nel nostro Paese ha un forte legame con i musei, e ogni museo ha un dipartimento educazione, ed è necessario insegnare la materia “del gusto e del bello” non solo sui libri, ma anche e soprattutto dentro le istituzioni, fin da bambini. 
Ecco insomma perché Giannini sembra guardare verso la Francia e anche alle sue collaborazioni tra musei nazionali e istituti d’arte, che mandano in stage e tirocini i propri studenti tra le gallerie e le biblioteche, come noi potremmo esattamente fare con i nostri giovani (e come aveva proposto Bray, ripreso da Franceschini) in siti archeologici e musei di ogni genere. 
Perché, tornando a quello scritto poco sopra, che rapporto c’è tra scuola e lavoro in Italia? Meno dell’8 per cento. Ai giovani si insegna spesso una professione che ancora non esiste, o che spesso è già passata, mentre il presente –anche dei beni da tutelare- è a portata di mano, e forse darebbe parecchie professioni in più, oltre che tutela per il nostro tesoro. Appuntamento a venerdì, per i dettagli. 

1 commento

  1. In verità è stata la Francia a guardare verso l’Italia per la introduzione dello studio della storia dell’arte nelle scuole francesi, come auspicato dal grande André Chastel. Solo che mentre i francesi hanno fatto tesoro dell’esempio italiano, gli italiani hanno preferito, grazie alla Gelmini, rinunciare, decurtare e offendere la storia dell’arte. Questa parziale riabilitazione annunciata dalla Giannini in parte pone una toppa al grande buco messo in campo dalla Gelmini. Ma l’indirizzo in catalogazione dei beni culturali nel liceo artistico comunque non è stato ripristinato. Un vero peccato. Comunque speriamo bene e il piccolo risarcimento delle ore di storia dell’arte nei bienni dei licei comunque è un fatto positivo.

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