16 settembre 2014

Tutti per Marc Chagall. Preview con pienone per la prima retrospettiva italiana dedicata al grande pittore russo, che apre la stagione delle grandi mostre a Milano

 

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Folla alla preview della mostra di Marc Chagall a Palazzo Reale, Milano
Non è un caso che tutti i relatori alla conferenza stampa di presentazione della restrospettiva dedicata a Marc Chagall, stamattina a Palazzo Reale di Milano, abbiano ringraziato la stampa. Al terzo piano del museo Milanese, infatti, in pochi ricordano una folla del genere. Sono tutti qui per “l’apolide pittore”, nato in Russia ed emigrato prima a Parigi e poi a New York, a seguito dell’invasione tedesca della Francia durante la seconda Guerra mondiale e delle persecuzioni razziali, e tornato a vivere a Nizza dopo il conflitto senza mai essere tornato nella sua terra natia.
Domenico Piraina, Responsabile del Settore mostre del Comune di Milano attacca parlando di un Palazzo Reale che vuole configuarsi, e si è configurato negli anni, come un “manuale di Arte Moderna”, in grado di mettere in scena grandi mostre di personaggi che si sono distinti per la loro peculiarità di essere artisti immortali, di sfidare mode e correnti, come appunto Chagall. Che arriva a Milano in una partnership con il Museo Reale di Belle Arti di Bruxelles, dove la mostra sarà ospitata nel 2015. Un evento mediatico vero e proprio, che aspetta solo la conferma di grandi ingressi per passare all’annuario delle mostre più importanti di Milano nei mesi pre-Expo. Ovviamente, come Piraina, anche l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno insiste sulla capacità di Milano di avere un approccio sistemico, per fare rete, tra diverse istituzioni, come nel caso in questione: per la grande retrospettiva di Chagall anche il Museo Diocesano è stato coinvolto, esponendo una serie di guaches inedited e indagando il rapport dell’artista con la Bibbia. Un argomento, anche questo, che sancisce la libertà dell’artista russo, slegato dale correnti delle avanguardie dei primi decennia del secolo scorso. 
Nota particolare va anche alle sponsorizzazioni, anzi, alla sponsorizzazione, che in questo caso è stata affrontata in toto da M&G investment, società internazionale di risparmio gestito che da dieci anni ha sede a Milano. Perché un’ente del genere ha sponsorizzato tutto? «Per indipendenza di spirito, per la forza delle convinzioni, per il pensiero originale», spiega Matteo Astolfi, direttore dell’impresa.
Claudia Zevi, cuatrice della mostra, insiste sul fatto che questa esposizione dovrebbe diventare un “bestseller” nel panorama dell’offerta Milanese, non tanto per il suo essere popolare, quando per una diffusione capillare di contenuti, non bassi. Tre anni di preparazione, in collaborazione con Giunti, per identificare ancora una volta la contemporaneità di Chagall, la sua condizone di emigrante, il suo essere stato per anni senza cittadinanza (come accade oggi ai nostri clandestini), e per la capacità di portarsi “il sacco della cultura ebraica” senza mai cadere nell’integralismo, ma anzi raffigurando spesso un Dio crocifissioni con ai fianchi lo scialle di preghiera ebreo. Dello stesso avviso Meret Meyer, nipote dell’artista e co-curatrice, che nell’augurare lunga vita ai giornalisti e alle troupe televisive presenti (Chagall è scomparso nel 1985 al 98 anni), parla di una mostra (assolutamente non blockbuster, come ricorda Del Corno), in grado di ricollocare la storia e la poetica del grande Maestro nella nostra attualità. Vedremo se gli ingressi premieranno la scelta. Stasera l’opening su invito, e da domani si aprono le danze. 

3 Commenti

  1. Organizziamo un evento delle portate di un’Expo e come mostre promuoviamo artisti stranieri, come se non ne avessimo di validi nel nostro paese, poi tutti a dire che l’italia è la patria dell’arte…

  2. Ok doattime, ma qui stiamo parlando di Marc Chagall, mica di un giovinetto sconosciuto. E poi a Palazzo Reale di italiani ne sono sempre passati parecchi: Fabio Mauri, Rotella, Piero Manzoni, e domani si apre Segantini…

  3. Appunto non era il caso di promuovere l’arte italiana ora che c’è un grande evento, su Chagall, a Zurigo c’è stata pochi mesi fà una grande mostra, ora questa di Milano mi pare un esercizio di banalità, poi speriamo che abbia successo visto la triste situazione, se queste strategie funzionano ben venga, ma non mi pare una scelta di grande ricerca e cultura.

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