29 settembre 2014

Proclamati i cinque letti più famosi della storia dell’arte. Quali? Leggete qui

 

di

Ron Mueck, In Bed 2005. Collection of the Fondation Cartier pour l'art contemporain. Paris (acq. 2006) exhibition Ron Mueck at the Fondation Cartier pour l'art contemporain. Paris.2005(c) Ron Mueck
Luogo di nascita e morte, vita vissuta, amore, solitudine, riposo, gioie, contemplazione, abbandono. Ma anche luogo intimo, privato, della malattia o dell’affetto, nascondiglio, compagno ideale per trovare soluzioni, per smaltire sbornie, per il relax, per ricordare, per abbandonarsi al pensiero. Cos’è? Il letto. L’oggetto più emblematico delle nostre case, il compagno delle nostro esistenze per diverse ore al giorno, oggi è anche nelle classifiche dell’arte. La top five? L’ha stilata looklateral, insistendo forse sui giacigli più monumentali e famosi del contemporaneo. Non è un caso che questa particolare classifica parta con In bed di Ron Mueck,  la gigantesca scultura iperrealista presentata per la prima volta nel 2006 alla Fondation Cartier di Parigi, che annulla con la sua dimensione esagerata tutta l’intimità che si riserva al letto. Secondo posto per My Bed, di Tracey Emin, battuto lo scorso 1 luglio da Sotheby’s per 2 milioni e mezzo di sterline, e ora alla Tate per i prossimi 10 anni.  Untitled di Felix Gonzales-Torres, cartellone pubblicitario apparso a New York nel 1992, realizzato dopo la morte per AIDS del compagno dell’artista, è invece al terzo posto della classifica, mentre Roy Lichtenstein, con Interior with Waterlilies, anch’esso realizzato nei primi anni ’90 e denso di riferimenti autobiografici, nonché a grandezza quasi naturale, è al quarto posto seguito dal famosissimo Morning Sun di Edward Hopper, che mostra una ragazza di un’età imprecisata intenta a guardare fuori dalla finestra di una solitaria casa, o camera d’albergo. Difficile però affermare che si tratti, in tutti i casi, di letti “gioiosi”. In tutti gli esempi emerge uno strano senso di solitudine e abbandono, di trascinamento, quasi che in un letto non si possa far altro, nonostante tutto, che restare soli con sé stessi. D’altronde ce lo avevano insegnato anche Munch, con i suoi ritratti di bambine malate o madri morenti, e anche Bed di Rauschenberg, primo esempio Neo Dada degli anni ’50, nonostante il suo colore, diventava un oggetto amorfo, inquietante. Da togliere il sonno, come forse tutti i materassi entrati nella storia dell’arte, con più o meno gloria.

3 Commenti

  1. Molto bello e interessante questo articolo, peccato avessi già letto la stessa identica classifica su looklateral.com! Chi ha copiato chi?!

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