22 ottobre 2014

Biennale di Venezia 2015: “All the world’s futures”. Ecco il tema lanciato da Okwui Enwezor, per una manifestazione “a filtri”

 

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Okwui Enwezor, Curatore della 56. Esposizione Internazionale d’Arte Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia Foto Giorgio Zucchiatti Courtesy la Biennale di Venezia

«Una nuova valutazione della relazione tra l’arte e gli artisti, nell’attuale stato delle cose». Ecco un ipotetico sottotitolo per All the world’s futures, tema che il direttore della 56esima Biennale d’Arti Visive Okwui Enwezor ha annunciato oggi, per la sua manifestazione.
Una riflessione che come ha ricordato Enwezor, stamattina in conferenza stampa a Cà Giustinian a Venezia, insieme al Presidente Paolo Baratta, vuole tentare di «afferrare l’inquietudine del nostro tempo, renderla comprensibile, esaminarla e articolarla».
A fare da guida spirituale l’Angelus Novus di Klee dalle parole di Walter Benjamin, a raccontare una Biennale che Enwezor annuncia “a filtri”, attraverso una serie di parametri che «circoscrivano le molteplici idee che verranno trattate per immaginare e realizzare una diversità di pratiche. La 56esima Esposizione utilizzerà come Filtro la traiettoria storica che la Biennale stessa ha percorso durante i suoi 120 anni di vita, un Filtro attraverso il quale riflettere sull’attuale “stato delle cose” e sull’ “apparenza delle cose” ».
Ma il neo direttore va oltre, e preannuncia in qualche modo una manifestazione complessa e performativa: «In All the World’s Futures, lo stesso curatore insieme agli artisti, agli attivisti, al pubblico e ai partecipanti di ogni genere saranno i protagonisti centrali nell’aperta orchestrazione di questo progetto».
Ancora nessuna lista di artisti, ma «Verranno esplorati progetti storici e antistorici. All’interno di questa struttura gli aspetti della 56esima Biennale privilegeranno nuove proposte e lavori specificatamente concepiti dagli artisti, cineasti, coreografi, performer, compositori e scrittori invitati per lavorare individualmente o in collaborazione».
E poi ci sono i filtri, appunto. Ma in che senso? 
Nel senso che è impossibile raccontare la complessità attraverso un unico tema omnicomprensivo, e così Enwezor mette insieme «una costellazione di parametri che circoscrivono le molteplici idee che verranno trattate per immaginare e realizzare una diversità di pratiche». 
Al centro, però, un Parlamento delle forme dove avranno spazio i progetti “site specific” per la Biennale. 
Il tema-titolo dei filtri? Saranno tre, denominati rispettivamente Vitalità: sulla durata epica; Il giardino del disordine; Il Capitale: una lettura dal vivo.
Il primo sarà una mostra strutturata dalla logica dello svolgimento; una drammatizzazione dello spazio espositivo come un evento dal vivo in continuo svolgimento e dunque di incontri con opere realizzate appositamente per Venezia 56° 
Il giardino del disordine, collocato nei Giardini e nel Padiglione Centrale e alle Corderie, nel Giardino delle Vergini dell’Arsenale e in altri spazi selezionati a Venezia, utilizzerà lo spazio storico dei Giardini della Biennale come una metafora attraverso la quale esplorare l’attuale “stato delle cose”, partendo proprio dalla morfologia de luogo e dai suoi padiglioni. Qui gli artisti saranno invitati ad elaborare delle proposte che avranno come punto di partenza il concetto di giardino, realizzando nuove sculture, film, performance e installazioni per All the World’s Futures.
In ultimo Il Capitale: una lettura dal vivo. Il riferimento è proprio a Marx, e sarà un programma di reading live, un imponente progetto bibliografico frutto di una meticolosa ricerca, concepito proprio dal direttore, e si svolgerà Padiglione Centrale.
C’è insomma, ma era stato chiaro fin dalla sua nomina, l’altissima probabilità di una biennale “babelica”, in progress, dinamica, forse più vicina come tema e come temperatura a quella che potrebbe essere Documenta. E Baratta, nel suo definirla «una manifestazione complessa», non ha infatti esitato a precisare: «La Biennale è una Mostra d’Arte, non una mostra mercato. Non basta un neutrale aggiornamento dell’elenco degli artisti più o meno giovani e noti. L’arte e la presente realtà ci sfidano a compiti più complessi. Abbiamo, in passato, definito in vari modi la Biennale. Oggi, di fronte ai pericoli di scivolamenti conformistici verso il noto, il consueto e il sicuro, l’abbiamo denominata la “Macchina del desiderio”. Mantenere alto il desiderio di arte. A sua volta, desiderare l’arte è riconoscerne la necessità. È, cioè, riconoscere come necessità primaria e primordiale l’impulso dell’uomo a dare forma sensibile alle utopie, alle ossessioni, alle ansie, ai desideri, al mondo ultra sensibile».
Per ora appuntamento al 9 maggio, ma vi terremo aggiornati su tutte le prossime mosse dalla laguna. Sperando che si muova anche qualcosa dall’Italia, per il suo Padiglione.

1 commento

  1. Will Mr Okwui Enwezor @VENICE BIENNALE be really exposing ” THE CURRENT STATE OF THINKS “?
    and are the ” THE CURRENT STATE OF THINKS ” not connected to any Emergencies ? ( urgency ) would should address in real time

    The press release also mention : “How can the current disquiet of our time be properly grasped ” .
    Is n t the anwer the ART FORMATS ?
    Does the word “current “means ULTRACONTEMPORARY ( and not contemporary – in fact the contemporay as such is not curent at all )

    The response to the current will be EMERGENCY ART

    CONTEMPORANEITY [fr. contemporanité]

    Contemporaneity means essentially being in-time.
    Thus there can be no archive,
    no museum,
    no documents
    and no monuments
    of contemporaneity.
    Contemporaneity is essentially living.
    Or at least breathing.
    It is being in the sequel of events.
    Producing contemporary art means
    producing art now,
    today,
    at this very time.
    To produce art for a stock of works, is not contemporaneity.
    It is rather anticipating a rendez-vous of a future spectator
    in an archive of yesterday.
    Art is usually produced that way,
    continually evading the very moment
    of contemporaneity.
    At the same time, this is the moment
    in which the Emergency Artist wants
    to work.
    Thus the object for the Emergency Artist
    can be no archive or no museum.
    The object for the Emergency Artist is to establish a room or a space
    for exhibiting the works or pieces
    at the same day they are produced.
    In this sense the Emergency Artist is a performing artist.
    The Emergency Artist is performing his piece contemporary
    with it is being exhibited and it is being viewed.

    CONTEMPORARY ART MUSEUM [fr. Musée d’Art Contemporain]

    The Museum of Contemporary Art is a fake construction.
    There is no such thing.
    The idea is to fool the audience
    To make the audience believe that this hanged delay is “of today”.
    It is even worse
    It is a construction.
    To make us believe that the democracy generate
    it’s own critic
    in real time.
    But this is not true.
    We feel protected by having artist looking at the state of the world
    so we don’t spend time to be critical ourself
    Because we think they do it instead of us
    This is a fake safety.
    The contemporary is looking at nothing
    or is looking at past stuff
    or looking into it’s own navel.
    The contemporary museum wants to make us believe that the state
    (for instance)
    is interested in the problems of the suburbs
    But it is the opposite
    The contemporary museum is used to clean up the suburbs
    The contemporary museum is a diversion
    The contemporary museum is an abuse of confidence
    The contemporary museum is a scheme
    to inject killing confidence
    fake caringness
    and therefore apathy.

    http://www.emergencyrooms.org
    http://www.emergencyrooms.org/formats.html
    http://www.emergencyrooms.org/biennalist.html

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