25 ottobre 2014

Fino al 31.X.2014 Michele Spanghero, Monologues Galerie Mazzoli, Berlino

 
Monologhi tra arte e architetture teatrali. Il primo atto del nuovo progetto di Michele Spanghero. Che abbiamo incontrato durante la mostra -

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“Monologues” è la nuova sfida di Michele Spanghero, presentata con una personale alla Galerie Mazzoli di Berlino: un progetto che ha già coinvolto sei teatri storici italiani, pensato per proseguire nel tempo in un dialogo tra artista e architettura dei teatri. Il lavoro si compone di fotografie, video e sculture ci restituiscono le “voci” degli edifici teatrali. Oltre a confermare le abilità tecniche dell’artista in diversi ambiti, colpisce per la coerenza concettuale ed estetica: attraverso una raffinata semplicità la mostra diventa un modo per riflettere sul rapporto tra la cultura, i suoi luoghi e la società, sui processi di produzione culturale e identificazione sociale.
Michele Spanghero, Monologues, vista della mostra
Perché hai scelto di lavorare con i teatri?
‹‹Perché il teatro è un luogo per la collettività e la sua architettura si è evoluta nei secoli riflettendo lo sviluppo della società che in quel luogo si rappresenta e si rispecchia in un dialogo catartico tra platea e palco. I teatri oggi stanno perdendo il loro ruolo centrale nella società, ecco perché ho voluto lavorare negli spazi vuoti iniziando proprio dalle origini, cioè dal Teatro all’Antica di Sabbioneta, il primo eretto dopo l’epoca romana. Gli altri teatri finora coinvolti sono il Teatro Bibiena di Mantova, l’Antico Teatro Sociale di San Vito al Tagliamento, il Teatro Comunale di Ferrara, il Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena ed il Teatro Regio di Parma››. 
Come entri in rapporto con i luoghi?
‹‹Fin da bambino ho frequentato i teatri, poi mi sono laureato in drammaturgia, quindi il teatro è un luogo che fa parte del mio DNA culturale e mi ha sempre affascinato. Nonostante tutto, entrare in teatri così importanti è stato molto emozionante e mi sono mosso in punta di piedi: il mio lavoro consisteva nel collocare dei microfoni al centro della platea e, con una tecnica di stratificazioni, registrare la risonanza del teatro vuoto. Il mio ruolo è ambiguo: sono io a recitare un monologo? In realtà sono lì da solo sul palco e offro in qualche modo la possibilità al teatro risuonare e di far sentire la sua voce: ascolto il monologo del teatro››.
Mi ha incuriosito la connessione tra fotografie e video…
‹‹Le fotografie mostrano il mio punto di vista, dal palco verso la sala vuota. Si vedono sempre i microfoni, posizionati lateralmente rivolti verso la platea per ascoltare il teatro, come fossero un personaggio: rappresentano, infatti, il mio alter ego, segnano la mia presenza, ma sono collocati in posizione defilata perché il fulcro della foto rimane sempre l’edificio teatrale. In questo contesto si colloca anche il video che rappresenta metaforicamente il processo di registrazione: parte dal silenzio e arriva alla risonanza. In esso l’unico elemento narrativo è la luce che lentamente cresce, seguendo il sonoro, ed illumina il teatro rendendomi visibile in controluce. In mostra il video è proiettato con un’installazione immersiva che occupa tutta la parete della stanza: lo spettatore condivide la mia visuale, è come se fosse sul palco con me››.
Come si pongono le sculture sonore in questo ambito?
‹‹Le sculture sonore si intitolano Echea: nei teatri greci e romani gli “echea” erano anfore che avevano il compito di amplificare il suono dal palco sino alle ultime gradinate. Di queste anfore abbiamo testimonianza, ad esempio in Vitruvio, ma non reperti. Il principio con cui funzionavano è stato studiato dal fisico tedesco Hermann von Helmholtz alla fine dell’800, che ha creato dei risonatori (che oggi portano il suo nome) con una funzione molto simile agli “echea” dell’antichità, ma molto più precisi. La forma delle mie sculture, realizzate in gesso e in vetro con inserti in ottone, è una sintesi di entrambi questi dispositivi: come un moderno “echea” con l’aspetto simile ad un risonatore di Helmholtz dentro cui un altoparlante riproduce il suono del teatro vuoto››.
A quando il “secondo atto” del progetto?
‹‹Sono già in contatto altri teatri e, dopo il piccolo assaggio ad ArtVerona, a metà novembre presenterò Monologues in Italia con una personale ai Colonos (vicino ad Udine)››.
Silvia Conta
Dal 6 settembre al 31 ottobre 2014-10-24
Michele Spanghero, Monologues
Potsdamer Straße, 132 
D-10783 Berlin, 
Germany 
Orari: martedì a sabato dalle 12:00 alle 18:00 e su appuntamento
Info: info(at)galeriemazzoli.com 
tel/fax +49 (0)30 75459560

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