26 ottobre 2014

Dopo cinquant’anni si cambia “Il Segno”. Tre domande a Francesca Antonini, direttrice della storica galleria romana

 

di

Francesca Antonini, durante l'inaugurazione della mostra di Man Ray
Nella capitale è un’istituzione, fondata da Angelica Savinio (figlia del celebre pittore Alberto) nel 1964 e oggi diretta dalla figlia Francesca Antonini, la galleria “Il Segno” compie 50 anni. Ma da mercoledì 29 ottobre qualcosa cambierà: si festeggeranno i 5 decenni di attività ininterrotta e sempre nella stessa sede, ma dopo questa data lo spazio di via Capo le Case cambierà il nome in Francesca Antonini Arte Contemporanea. Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Jasper Jones, Robert Rauchenberg ma anche Dorazio, Scialoja, Novelli, Burri, Fontana, Giacometti, Mambor, Cucchi, Melotti e Picasso sono alcuni dei nomi (oltre 500) che hanno lavorato con la galleria dal ’64, e che oggi hanno un poco ceduto il passo a Botta, Viola, Picozza, Bocchini, Delogu e Pontrelli, solo per citarne alcuni. 
Tutti, però, avranno un posto decisamente “democratico” alla festa: ogni nome sarà scritto sul muro della galleria e la performance ripresa in un video, che sarà proiettato mercoledì. Poi via verso il nuovo corso. Ne abbiamo parlato con la gallerista.
Cinquant’anni e un cambio di nome: qualcuno potrebbe interpretarlo con la voglia di dare un taglio netto al passato, qualcun’altro come un’evoluzione “camaleontica”: d’altronde è insita nella natura la necessità di rinnovarsi. Come vive, e come ha vissuto, questo passaggio?
«Non direi un taglio con il passato, ma piuttosto il compimento di un percorso. Oltre alla necessità di rinnovarsi, Il cambio di nome è anche dovuto alla mia volontà di affrontare fiere intenazionali con giovani artisti contemporanei e spesso, nelle applications viene richiesto l’anno di fondazione della galleria e se sei galleria storica vieni messo nelle sezioni storiche, mentre io lavoro con artisti giovani».
La performance in cui verranno scritti sul muro i nomi dei circa 500 artisti che hanno collaborato con la galleria dal ’64 a oggi è poetica, ma in qualche modo sembra voler fissare un punto: come sarà la futura programmazione? Con quali artisti continuerà l’attività di “Francesca Antonini Arte Contemporanea”?
«Continuerò a portare avanti gli artisti con cui ho cominciato circa 20 anni fa come Gregorio Botta, Alessandra Giovannoni, Paolo Picozza, ma con nuovi inserimenti come Antonello Viola, Francesco Bocchini, Marco Delogu e gli ultimi Enrico Tealdi, Simone Cametti, Guglielmo Castelli. Ho cominciato a collaborare con curatori internazionali come Lorand Hegyi con cui farò una mostra il prossimo maggio con un gruppo di artisti europei. Il prossimo 20 di novembre arriva un nuovo inserimento, ovvero Gioacchino Pontrelli che farà una personale a Roma dopo 10 anni e inaugura il nuovo ciclo della galleria».
Lei è gallerista da vent’anni, e viene da una famiglia che con l’arte ha sempre lavorato. Qual è l’insegnamento più prezioso che ha ricevuto, e c’è un aneddoto che ricorda con affetto di questo lungo periodo di attività al Segno?
«La famiglia è stato sicuramente di grande aiuto e insegnamento, soprattutto per il rispetto e l’amore per l’arte e per gli artisti. A volte è anche stato un peso, ma un dolce peso. Aneddoti ce sono tanti, ma quello che ricordo con più piacere e che mi spinge a continuare con entusiasmo questo lavoro, è il momento in cui di comincia ad allestire le mostre con gli artisti e i curatori, decidere la collocazione delle opere, vedere le mostre che piano, piano prendono forma. Discutere , confrontasi ed emozionarsi fino all’inaugurazione, momento in cui la mostra viene consegnata al pubblico e tutti dobbiamo fare un passo indietro, ma difendendo con le unghie e con i denti l’operato comune».

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