28 ottobre 2014

Fino al 7.XI.2014 Gerard Byrne Lisson Gallery, Milano

 
Da Dublino Byrne arriva a Milano per la sua prima volta. Presenta una serie di foto di edicole nel mondo ed un omaggio a Beckett. Una mostra che purtroppo disattende le aspettative -

di

Gerard Byrne dopo la partecipazione alla 52° Biennale di Venezia come rappresentante dell’Irlanda, il dublinese espone per la prima volta a Milano. 
Nell’algida Lisson Gallery porta una serie di grandi fotografie in linea con la sua ricerca incentrata sull’ambiguità del linguaggio attraverso video e fotografia, interessato rapporto tra testo e immagine, tempo e azione. 
Gerard Byrne, vista della mostra, Lisson Gallery, Milano
Al piano terra della galleria sono esposte recenti scatti time–shifting (live in differita), ma dall’aspetto volutamente vintage, rigorosamente in bianco nero, stile anni ’70. Queste immagini intitolate Newsstands  riproducono parate di  riviste e quotidiani, in particolare  edicole, scattate a Città del Messico, Parigi, Bruxelles e Milano, ottenute da esemplari unici di negativo. Occhio al titolo: è la chiave di lettura del concetto di time-shifting e questi vanno interpretati come elementi che modificano la nostra conoscenza di ciò che intercorre tra tempo, documentazione e codici riconoscibili. 
Sono opere complesse, rebus concettuali, che invitano a riflettere sul cambiamento del tempo e dell’azione intercorsi tra l’immagine e l’istante in cui è stata scattata. La mostra – senza lode senza infamia –  lascia del tutto indifferenti, analitica e fredda non brilla per originalità; è per cultori del genere. 
I nuclei tematici di Byrne ruotano intorno alla potenzialità espressive di elaborazioni decontestualizzate delle immagini, autoreferenziali ma in relazione a un luogo specifico. Negli ultimi cinque anni l’artista ha immortalato chiostri di giornali, edicole simili in tutto il mondo, come ready made  del vissuto, cronaca che si fa storia e memoria e poi  diventa altro con il passare del tempo. Il contesto sociale, politico e culturale diventa  materia  di riflessione e revisione. Al centro della sala, c’è Untitled (die), una in plexiglass, ispirata alla scultura minimalista: una “vetrinizzazione” di  un insieme di fotografie e diversi reperti di immagini come capsula del tempo contenente frammenti di pensieri sul linguaggio della fotografia decontestualizzati, mettendo in discussione coordinate spazio-temporali. 
Al piano inferiore c’è un nuovo video He searches for the contrary of saved che approfondisce il suo interesse per il teatro dell’irlandese Samuel Beckett, En Attendant Godot (Waiting for Godot), soggetto di una serie di fotografie, affascinante dal punto di vista registico e scenografico. Byrne documenta le prove teatrali dell’opera beckettiana nella versione originale francese, introducendo nella trama una voce fuori campo, creando uno sfasamento asincrono tra immagini e voce narrante, sulle prime attraente,  ma poi in loop (dura 8 minuti ) capito il giochino, annoia. 
Invece merita una passeggiata alla Lisson, più della mostra di Byrne, l’opera “garden–art” adagiata sul pavimento  nel cortile interno della  galleria di  Richard Long, dal titolo White Oyx (1990), una geometrica linea  di onice bianco  in perfetta relazione con il luogo, incastonato nel verde, dove reperto, storia e memoria dialogano in un eterno presente. 
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 18 settembre
Dal 18 settembre al 7 novembre 2014
Gerard Byrne
Lisson Gallery
Via  Zenale 3, 20124 Milano 
Orari: lunedì- venerdì 10-13- 15-18, sabato su appuntamento      

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui