08 novembre 2014

Secessione. La Gnam va alla guerra

 
Grandi sforzi coronati da grandi prestiti. Un bell’allestimento e una storia che è la nostra storia. Il risultato? Una mostra eccellente che fa il punto sulle Avanguardie del primo ‘900

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Chi sono i protagonisti della scena artistica italiana agli inizi del Novecento? Quali i giovani emergenti? E che rapporti hanno con gli artisti più anziani e con l’arte europea? A questi interrogativi si propone di rispondere l’ampia rassegna intitolata “Secessione e Avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915”, organizzata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e curata da Stefania Frezzotti (catalogo Electa). 
La mostra, aperta fino al 15 febbraio 2015, riunisce quasi 200 opere tra dipinti, sculture, disegni, incisioni, mobili e oggetti d’arredo. Lungo un percorso ricco e articolato, scandito in quindici sale allestite con garbo da Massimo Mininni a ricreare le atmosfere delle esposizioni dell’epoca, troviamo le opere dei pittori futuristi Balla, Boccioni, Carrà, Russolo e Severini, ma anche di Casorati, Morandi, de Chirico e di tanti altri, compresi molti artisti stranieri da Klimt a Schiele, da Hodler a von Stuck, da Zuloaga a Bonnard.
Ferdinand Hodler Il sentimento VI 1911-12 Olio su tela Collezione privata, Svizzera
L’iniziativa, inserita nel programma ufficiale delle commemorazioni per il centenario della Grande Guerra, è il risultato di un notevole sforzo organizzativo ed economico. La Galleria, infatti, possiede una vasta raccolta di arte di primo Novecento, tuttavia solo una trentina di opere – per lo più inedite o poco note – sono state inserite nel percorso espositivo. Naturalmente, la collezione permanente del museo costituisce l’ideale prosecuzione della rassegna, ma le opere esposte in mostra provengono in gran parte da importanti raccolte museali italiane e non poche anche dall’estero. Tra queste ultime spiccano due capolavori del Futurismo esposti nella celebre mostra parigina del 1912: l’Idolo moderno (1910-11) di Boccioni, scelto quale immagine-simbolo della mostra, in prestito dalla Estorick Collection di Londra e La rivolta (1911) di Russolo dal Gemeentemuseum dell’Aja. Altri prestiti illustri sono Espansione sferica della luce (1913-14) di Severini, dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, e Girasole (1907) di Klimt dal Belvedere di Vienna.
Per l’occasione, inoltre, sono stati realizzati tre restauri importanti. In primo luogo quello del monumentale fregio raffigurante L’Italia vittoriosa con la Forza e con l’Intelligenza, dipinto dal valente pittore romano Edoardo Gioia per ornare il vestibolo del Padiglione delle Feste all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Il padiglione – effimero – era stato eretto in piazza d’Armi da Marcello Piacentini, all’epoca trentenne, per ospitare le cerimonie ufficiali della grande esposizione, organizzata per celebrare il cinquantenario dell’Unità d’Italia. Conservato nei depositi della Gnam, il fregio non si era mai più visto da allora, mentre adesso le tele che lo compongono sono state collocate a decorare la sala iniziale della mostra. 
Ivan Meštrović Guerriero con la lancia 1911 Bronzo Ivan Meštrović Foundation, Zagabria
Un secondo restauro riguarda il gesso di Duilio Cambellotti, La fonte della palude (1912-13; Roma, Gnam), raffigurante due cavalle assetate. Il gesso è esposto in una sala dedicata al tema del socialismo umanitario assieme a tre magnifici cartoni (1899; Roma, Gnam) di Giuseppe Pellizza da Volpedo, preparatori per Il Quarto Stato, e al famoso Ritratto di Tolstoj (collezione Laura Biagiotti) eseguito da Giacomo Balla dopo la morte dello scrittore russo e presentato nel 1911 alla Mostra dell’Agro Romano. 
Il terzo importante restauro ha invece interessato cinque grandi opere su carta di Balla – inedite – finora conservate arrotolate in Casa Balla. Sono tre disegni sul tema futurista delle Linee di velocità (1914), fatti per la realizzazione di altrettante sculture, e due disegni patriottici sui Movimenti di bandiere (1918-19), posti a conclusione della mostra. 
Come ha ricordato Maria Vittoria Marini Clarelli, Soprintendente della Galleria, il titolo Secessione e Avanguardia scelto per la mostra riprende quello di un saggio di Rossana Bossaglia pubblicato nel catalogo dell’esposizione Secessione Romana (1913-1916). Questa mostra meritoria, curata nel 1987 dalla stessa Bossaglia con Mario Quesada e Pasqualina Spadini, ricostruiva per la prima volta la storia e la fisionomia dell’associazione romana, interrogandosi sui suoi rapporti con la modernità. Secessione e Avanguardia, infatti, spesso considerati dalla critica come fenomeni, se non proprio contrapposti, comunque scalati nel tempo, delineano una realtà più complessa, evidenziata dalla mostra attuale facendo risaltare gli intrecci tra i due orientamenti, e le connessioni con il contesto europeo. 
Ardengo Soffici Sintesi di un paese primaverile 1913 Olio su tela Galleria nazionale d’arte moderna, Roma
L’arco cronologico della mostra si concentra dunque sul decennio che precede il primo conflitto bellico: inizia nel 1905, anno in cui i giovani Boccioni e Severini organizzano a Roma la Mostra dei Rifiutati al ridotto del Teatro Costanzi e si conclude nel 1915 con le manifestazioni di piazza degli interventisti e con l’entrata in guerra dell’Italia. È bene comunque tenere presente che la rassegna, se offre uno sguardo d’insieme sul panorama artistico italiano, sceglie però di focalizzare l’attenzione su due realtà: Roma e Venezia. La città lagunare in quanto sede, dal 1895, dell’Esposizione Internazionale d’Arte, ossia della Biennale, ma anche per l’attività svolta dai giovani artisti di Ca’ Pesaro. La capitale per la nascita appunto della Secessione Romana, fondata da un gruppo di artisti dissidenti che si staccano dall’antica Società degli Amatori e Cultori. Entrambe queste realtà, aprendosi all’influsso degli artisti stranieri, fungeranno da potenti catalizzatori nello sviluppo della giovane arte italiana. 
La mostra è accompagnata da un bel catalogo, edito da Electa, curato da Stefania Frezzotti, con saggi critici della stessa curatrice e di Fabio Benzi, Andrea Cortellessa, Maria Paola Maino, Mariastella Margozzi, Maria Vittoria Marini Clarelli, Eugenia Querci, Matteo Piccioni e Nico Stringa.

3 Commenti

  1. Penso che la marini clarelli sia la peggior soprintendente alla Gnam di tutti i tempi.
    Oltre ad essere un’incompetende e raccomandata non sa riconoscere un disegno da un’incisione o un falso spudorato da un’originale .Ha organizzato mostre a di poco inquietanti,purtroppo questo e’ quello che ci meritiamo.Sarebbe da mettere in galera lei e chi ce l’ha messa.

  2. Mi permetto di dissentire rispetto a quanto affermato da Massimo. La Marini Clarelli conduce la GNAM con consapevolezza e attenzione, nonostante i mezzi davvero scarsi. Il riallestimento delle sale è stata un’operazione coraggiosa e originale, e in questi ultimi anni gli artisti italiani delle ultime generazioni hanno trovato spazi ed occasioni per esporre in un museo che per decenni era riservato ad artisti scomparsi o maestri affermati.
    Ludovico Pratesi

  3. Caro Massimo, per “onestà intellettuale” avrebbe almeno potuto firmarsi. Facile lanciare accuse nascondendosi dietro un nome comune. Saluti

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