20 novembre 2014

Fino al 29.XI.2014 Invernomuto Marsèlleria, Milano

 
Dall'ultimo Negus al culto rastafariano fino alla stella a tre punte di Mercedes-Benz. Le metamorfosi di un simbolo

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Attraverso un suggestivo allestimento verticalizzato dal basement al primo piano di Marselleria, gli Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983; Simone Trabuchi, 1982) costruiscono un percorso iniziatico alla scoperta delle stratificazioni di senso compresse nell’immagine. Dal basso verso l’alto, negli oscuri processi ibridanti del simbolo di cui, mappandone le migrazioni spazio-temporali, ricostruiscono una genealogia costellata di metamorfosi ritmate dalle più impensabili contaminazioni culturali. 
Un continuo gioco di espropriazioni e riappropriazioni di immagine fra culture diverse che di volta in volta la riconfigurano fino all’irriconoscibile: l’effige del potere diviene fantoccio del maligno o figura messianica, il naturale artificiale, il sacro profano, il rito arcaico affascinante rievocazione artistica di significati sepolti o chissà cos’altro ancora. Così il simbolo (luogo, nome, icona, rito) scavato e qui espanso nei suoi livelli di senso in un’atmosfera sintetico-esoterico si svela potente medium di ibridazione oltre che memoria viva delle trasformazioni culturali intrecciate di luoghi geograficamente distanti. Nel sotterraneo troviamo Wondo Genet, un ambiente istallativo che condensa le espropriazioni dell’omonima località etiope da paesaggio edenico a luogo sacro rastafariano e paradiso termale per occidentali a caccia di esotismi posticci, alludendo tramite la ricostruzione delle condizioni di una serra al grottesco effetto collaterale del contatto con l’altro quando si traduce in una comoda semplificazione. 
Al piano terra le tre istallazioni di Ruatoria incarnano il processo metamorfico dell’immagine quali ibridi occulti di innesti culturali ancora in atto. Sullo sfondo svetta Wax, Relax riproduzione in cera di una grotta di Vernasca copia della grotta di Lourdes, che sottoposta a un indotto discoglimento rimodellante rinvia alla mutazione inarrestabile dell’immagine che decontestualizzata sempre rinasce generando copie del tutto originali di se stessa. 
Invernomuto, Black Ark, 2014, Installation view, Courtesy of the artists and Marsèlleria, Photocredits: Giulio Boem
Al primo piano (Black Ark) con i tre lavori appartenenti al ciclo in progress Negus si raggiunge il vertice del percorso espositivo-iniziatico. Vernasca, 1936, un soldato ferito torna dalla campagna etiope e nella piazza viene bruciato il fantoccio del Negus come simbolo del maligno da esorcizzare. Giamaica, 1983, Lee ‘Scrach’ Perry, produttore di musica dub/reggae appartenente alla comunità rastafariana, incendia il proprio studio con intento purificatorio. Vernasca (luogo natio del duo), 2013, gli Invernomuto girano il video a fondo sala in cui Perry ripete il rito incendiario per purificare la piazza dall’antico sacrilegio. Tre luoghi, tre tempi, tre culture, tre significati per un’unica figura mutante: un uomo, un dio, un demonio sempre sul punto di assumere un nuovo volto come il retro specchiante di Negus suggerisce. Tre, infine, sono le punte della stella di I-Ration, sospesa tra l’essere emblema del sovrano etiope e il divenire altro, magari anche logo di Mercedes-Benz, nella sua eterna rinascita, che poi è la stessa che si ripete per ogni immagine.
Martina Piumatti 
mostra visitata il 5 novembre
Dal  23 ottobre al 29 novembre 2014
Invernomuto
Marsèlleria
Via Paullo, 12/A–20135 Milano
Orari: da lunedì a venerdì ore 11.00-19.00, sabato e domenica su appuntamento

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