22 novembre 2014

Restauro della Resurrezione di Piero della Francesca a Sansepolcro. I finanziamenti? Vengono in larga parte da un privato: un gesto d’amore e stima verso l’opera e il patrimonio italiano

 

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Dopo cinque secoli la Resurrezione di Piero della Francesca ha bisogno di un sostanziale restauro che prenderà avvio a breve grazie ai finanziamenti messi a disposizione dal Comune di Sansepolcro (40mila euro) e da un generoso mecenate, Aldo Osti (100mila euro).
I restauratori dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze cui è stato affidato il lavoro che si presuppone durerà circa diciotto mesi, provvederanno a eseguire un intervento conservativo e di pulitura. Il degrado procurato dalla solfatazione, dalla decoesione della pellicola pittorica e il distacco di piccole porzioni di intonaco sono tra i problemi più urgenti da risolvere per assicurare la sopravvivenza dell’opera alle generazioni future. 
L’affresco realizzato da Piero desta ancora, dopo così tanto tempo dalla sua realizzazione, diversi interrogativi: la datazione non è certa, infatti, si sa solo che è stato eseguito tra il 1450 e il 1465 e non è certa nemmeno la collocazione originaria dell’opera. Se l’affresco, come alcuni studiosi suppongono, fosse stato eseguito altrove, e solo in un secondo momento “trasferito” sulla parete che lo ospita attualmente, sarebbe uno dei più antichi “trasporti a massello” che si conoscono, poiché in anni molto lontani sarebbe stato tagliato e trasportato in Palazzo della Residenza, tutto il muro con l’affresco dipinto. Negli anni l’opera non ha mai subito radicali interventi di restauro e non si esclude che da quello che i tecnici dell’Opificio si accingono a fare possa emergere qualche nuovo particolare che faccia luce sui diversi interrogativi che quest’affresco ci pone.
L’opera, già considerata da Vasari il capolavoro di Piero, è stata oggetto di ammirazione di artisti e critici di ogni epoca. 
La solenne e ieratica figura del Cristo domina la composizione bipartita orizzontalmente e innestata tra due colonne con capitello corinzio. Il Cristo, figura solenne e statuaria, tipica delle opere di Piero, è un esempio di quegli uomini cubici, uomini colonnari di cui nel 1927 parlava Roberto Longhi.
La tradizione vuole che nel volto di quest’uomo dalla veste rosata che si innalza alle spalle dei soldati dormienti, siano riconoscibili i tratti somatici di Piero e che quindi sia una sorta di autoritratto dell’artista. Al di là di questo c’è da dire che la fisiognomica che Piero assume in quest’opera sarà ripresa poi nei ritratti che eseguirà in epoca successiva: questo è dunque sorta di ritratto ideale che Piero porta avanti nelle sue “creature” e che e diventerà un suo stilema. 
Durante le fasi del restauro dell’affresco resterà visibile poiché nella sala del museo sarà montato un particolare ponteggio che permetterà ai visitatori di seguire il work in progress. (Enrica Ravenni)

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