09 dicembre 2014

Fino al 13.XII.2014 Looking Glass: Three Feminist way sto Self-Portrait Ciocca Arte Contemporanea, Milano

 
Anni '70. Tre corpi, tre donne, tre artiste e il loro percorso condiviso, e ancora attualissimo, da oggetti del desiderio maschile a soggetti autodeterminati

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‹‹Una è più autentica quanto più assomiglia all’immagine che ha sognato di se stessa›› è la frase che un travestito pronuncia alla fine di Tutto su mia madre di Pedro Almodovar e che pare condensare e al contempo fare propria la lucida presa di coscienza femminile, negli anni ’70, del corpo, non più come oggetto represso nello spazio asfittico del desiderio maschile domestico, ma come strumento di liberazione attraverso cui costruirsi un’identità scelta e non più imposta. 
Una rivoluzione dell’immagine attraverso l’immagine si compie e l’autodeterminazione del corpo diviene la condizione imprescindibile della libertà individuale. Un bel passo avanti dal melenso maquillage dei teatrini da fotoromanzo per piacere all’Altro, maschio, a una costruzione del Sé per essere e basta. Certo, l’arte di quegli anni, e in particolare le tre artiste in mostra da Rossana Ciocca, hanno contribuito con la pregnanza provocatoria delle loro immagini a fustigare la società maschilista con la consapevolezza liberatoria di un pieno possesso del corpo da parte della donna. Specchio reale e metaforico, individuale e collettivo di questa radicale presa di coscienza è Autoritratto di Paola Mattioli, in cui oggetto e soggetto dello scatto coincidono a 360 gradi per ribadire una completa riappropriazione del proprio corpo all’occhio maschio, prima sommo e unico artefice della rappresentazione della donna e, ora, mero spettatore impotente del collasso dei clichés rappresentativi di un mondo femminile prima comodamente semplificato per soddisfare le proprie fantasie monotematiche. 
Paola Mattioli, Autoritratto, 1977, Courtesy Rossana Ciocca
È il caso della serie Mythes et Clichès di Nicole Gravier, in cui l’efficace contrappunto tra realtà e finzione, tra l’identità plastificata e anonima di una donna-oggetto che si confonde tra i prodotti pubblicizzati per l’uomo dall’uomo e un corpo vivo che si contrappone, crea uno lucido scarto per l’autodefinizione di un’immagine troppo multiforme e complessa per corrispondere ai beceri stereotipi di uno sguardo troppo semplice. 
Lo stesso sguardo che qui diviene stigmatizzato voyeur, ora consapevole della propria colpa atavica di aver recluso la donna nella gabbia domestica a mo’ di animaletto imbellettato che si accende e spegne a comando, standosene da qualche parte, confuso tra le pieghe della carta da parati. Ma la liberazione si compie solo nella completa riappropriazione mediante una sorta di rinascita depurativa dagli elementi maschili, come nella performance Mater, dove Tomaso Binga attua, nel nome della madre scritto col proprio corpo nudo e redento, una palingenesi che prescinde dal maschio e dal suo verbo fallocentrico. Un simbolo eterno di come la libertà, di genere e individuale, si giochi nella ri-scrittura continua e autonoma della propria immagine. E oggi come allora il corpo sarà sempre il nostro mezzo e l’arte il nostro megafono.
Martina Piumatti
mostra visitata il 29 ottobre
Dal 16 ottobre al 13 dicembre 2014
Looking Glass: Three Feminist way sto Self-Portrait
Ciocca  Arte Contemporanea,
Via Lecco, 15–20124 Milano
Orari: da lunedì a venerdì ore 14.30-18.30 o su appuntamento
Ingresso libero

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