18 dicembre 2014

Musei normali o super?

 
Il quotidiano “Il Tirreno” fa il punto della situazione sui musei in Toscana. Che funzionano a due velocità: da un lato lenti, dall’altro a gonfie vele. Una situazione specchio del sistema italiano. Perché?

di

Da un lato i regionali, dall’altro i frecciarossa. Non è un paragone azzardato quello che si può fare con i musei italiani e le due “velocità” a cui viaggiano, come denuncia “Il Tirreno” per quanto riguarda la Toscana. Qui, spiega il quotidiano, le dimore storiche e l’archeologia sono in crisi profonda tra finanziamenti stanziati per la tutela e gli ingressi, ma gli Uffizi volano. La colpa che potremmo imputare? Certamente è dovuta alla “conformazione”: è chiaro che nei grandi centri (Roma, Milano, Firenze, Napoli, Torino) si riversa un maggior bacino d’utenza, ed è chiaro che ai turisti di tutto il mondo Michelangelo mette più appetito di un nuraghe. La storia, come ormai ci dicono da tempo, dovrebbe cambiare un po’ con Expo 2015, quando i visitatori saranno invitati con pacchetti “di favore” a recarsi in altre località italiane che non siano Milano, Roma o la Costiera Amalfitana tanto amata dal pubblico statunitense. Ci crediamo poco, sinceramente. Perché quel che sembra mancare, a latere dei grandi tesori conservati nei grandi musei che il mondo ci invidia, è la comunicazione della ricchezza. Si sa, facile fare pubblicità a qualcosa che l’universo conosce, come il David o la Monna Lisa, meno facile scarrozzare qualcuno che ha pochi giorni, o se si tratta di connazionali poco tempo a disposizione, nel tacco dello stivale o in zone periferiche. 
È l’Italia mal collegata, che perde i pendolari del trasporto pubblico perché taglia di continuo sui servizi di dozzine di linee ferroviarie secondarie (e non è un eufemismo, ma un dato riportato da un’inchiesta del Corriere della Sera solo qualche giorno fa) e che quindi impoveriscono territori potenzialmente fertili. La metafora con i musei minori è evidente. Che si fa? Ci si sta provando con le domeniche mensili gratuite, con le tessere per gli ingressi agevolati ai musei civici (Milano), con la gratuità nei “piccoli tesori” (Roma), ma il grande nome sembra sempre farla da padrone. 
È la dura legge dell’hit parade: c’è il business, e c’è la nicchia. E se la Toscana piange le perdite di visitatori all’Elba, nella Maremma e a Lucca, poi si fa bella con il Polo Fiorentino, che vale un terzo degli accessi del sistema museale della regione, e che ha visto incrementate le sue entrare del 16 per cento negli ultimi sei anni. Ai miracoli, in questi casi, bisogna smettere di credere. Quello che invece è necessario perseverare è la cultura del più piccolo, con le cifre idonee per il suo sostentamento o con qualche buona formula: con un biglietto di ingresso al MoMA di New York potete entrare anche al PS1, nel periferico Queens, solo per fare un esempio calzante. È chiaro che i grandi avranno bisogno di “mangiare” di più, ma sfamati loro i piccoli rischiano di morire, e viceversa. Perché è un po’ come la storia di una grande stazione che non ha collegamenti con i dintorni: partiranno anche treni superveloci e dalla tariffe esorbitanti, ma chi potrà prenderli se a nessuno è dato di raggiungerli agevolmente? 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui