22 dicembre 2014

Grandi e inutili

 
Da Venezia a Milano, ma in tutta la penisola, abbondano nuove costruzioni che – anche se sostenibili – all’occhio appaiono tutto fuorché leggere. Cosa ne sarà dopo le grandi manifestazioni? Un esempio viene da Torini, ma non solo

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In un dossier firmato da Marco Imarisio, il Corriere della Sera ha fatto il punto sugli edifici torinesi costruiti in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006. Che fine hanno fatto? Sono diventati il covo di spaccio e “dormitorio pubblico” in una zona, il Villaggio Olimpico appunto, che non è consigliabile frequentare di notte. Miliardi di investimenti che vedranno nel 2016 le società di gestione andare in liquidazione, lasciando nel baratro tutto questo ben di Dio, con milioni spesi ogni anno per mantenere servizi mai più usati da otto anni a questa parte 
Niente male se pensiamo che domani la stessa sorte potrebbe capitare a Milano e al suo Villaggio Expo (le abitazioni per le delegazioni dei Paesi ospiti), che tutti si sono affrettati a dire che sarà riconvertito in residenziale. C’è un bel da sperare che qualcuno si compri un appartamento, nemmeno a un prezzo troppo modico, in uno dei tre condomini costruiti praticamente in mezzo al nulla, nella periferia nord ovest della città (zona già difficile, che avrà una ripulita durante i mesi dell’Esposizione) e poi?
“L’obiettivo primario è la realizzazione di uno spazio confortevole per il periodo post olimpico che svolga pienamente le sue funzioni sociali di ritrovo e sosta per la cittadinanza”: questo era il messaggio a Torino, e lo stesso è per Milano. Potrebbe essere pure valido per Roma, se le Olimpiadi del 2020 saranno veramente fatte all’ombra del Colosseo, con la benedizione (ormai più per partito preso che per altro) di Matteo Renzi, e anche con quella “reale” di Papa Francesco.
E così, si replicherebbe l’ennesimo modello “Grandi Opere” che – a parte Mafia Capitale, tangenti, scandali, appalti truccati e chi più ha più ne metta, valutando la situazione della Capitale oggi – andrebbe ad arricchire il panorama degli incompiuti e degli inutili italiani.
“I nobili propositi del progetto originale sono in netto contrasto con le vetrate in frantumi, i negozi olimpici che cadono a pezzi, i totem metallici che in quei giorni gloriosi indicavano la via ai turisti sono ora usati come arieti per sfondare porte e ingressi, e in generale c’è una atmosfera post atomica popolata solo dai profughi che hanno occupato alcune palazzine e da molta brutta gente”, scrive Imarisio di Torino.
Ecco,  per una volta tanto vorremmo che lo scenario fosse un poco diverso. Non per un “No Expo” generale, ma per quello che da sempre bisognerebbe tentare di fare nelle grandi città: laddove si possono evitare emorragie di denaro e cemento, bisognerebbe tentare di riconvertire. Già ci sono migliaia di “location” abbandonate in attesa del loro destino, e ne continuiamo a costruire altre? Ma le tasche, si sa, in certi casi si gonfiano. E allora, via ai lavori! 

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