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ll Shanghai Twenty-First Century Minsheng Art Museum (M21) è il secondo e più grande museo d’arte contemporanea di proprietà della Minsheng Banking Corporation. Ospitato nell’ex Padiglione francesce del World Expo 2010 (accidenti, qui si che si recupera qualcosa!), rivisto da Zhu Pei, fa parte – insieme all’altro museo di proprietà della banca, il Minsheng Art Museum (MAM) – del panorama culturale della metropoli cinese, e più in grande, dei musei più all’avanguardia del mondo, anche se da queste parti il messaggio continua a non arrivare così forte. La banca, dall’apertura del MAM nel 2010, si è impegnata per otto anni con l’arte. Lo ha fatto aprendo due musei, ma come si dice: non c’è due senza tre. E infatti la banca Minsheng, nel prossimo mese di maggio, aprirà a Pechino un altro museo di arte contemporanea, che dovrebbe essere la più grande istituzione privata della Cina.
Avanti di questo passo la Cina avrà un opening museale ogni 6 mesi, circa, visto che M21 è stato inaugurato lo scorso novembre.
Ma quello che dovrebbe far riflettere è su una potenza di fuoco che forse, senza tutto l’aplomb che spetta all’Occidente, continua non solo a divorarsi fette di mercato, ma anche a costruirsi il proprio futuro sociale, attraverso la promozione dei propri artisti.
Mettendo in mostra quello che poi si esporta: Zhou Xiaohu, Song Dong, Yang Fudong, la cui opera però qui è stata rimossa dalle autorità governative per contenuti omosessuali. Nessuno è perfetto.