11 febbraio 2015

Fino all’8.III.2015 Massimo Bartolini Museo Marino Marini, Firenze

 
Massimo Bartolini e l’esperienza intellettuale della scultura

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La personale di Massimo Bartolini (Cecina, 1962) presentata negli spazi del Museo Marino Marini si contraddistingue per l’uso randomico di materiali e linguaggi, che assieme all’interesse per una percezione rinnovata degli oggetti, caratterizza da sempre la produzione dell’artista toscano.  
La relazione che in mostra si stabilisce tra opere e contesto non è da intendersi solo in senso spaziale e fisico, ma anche secondo una prospettiva intellettuale, culturale e storica, che vede gli oggetti esposti tracciare una connessione diretta con la scultura di Marino Marini e con l’architettura rinascimentale di Leon Battista Alberti. Per Bartolini la mostra «è fatta in loro presenza», attraverso nuovi lavori concepiti specificatamente per questa occasione e opere precedenti, che ricontestualizzano le riflessioni ricorrenti dell’artista sulla scultura e sulla relazione che essa istituisce con l’ambiente.
La mostra prende avvio all’interno della Cappella Rucellai con l’opera Revolutionary Monk (2005), riproduzione di un monaco birmano nella posizione del Bodhisattva; la scultura collocata al centro della sala, frammenta lo spazio grazie alla sua rotazione continua e mette simbolicamente in dialogo pensiero antico e rinascimentale, religione e laicità, cultura occidentale e orientale. 
Sempre all’interno della cappella Airplane (2014), un basamento in marmo la cui faccia superiore riproduce le forme di un aeroplano di carta dispiegato, problematizza il rapporto tra materia e pensiero, tra la solidità esibita dalla scultura e la levità evocata dal rimando al modellino cartaceo. 
Massimo Bartolini, Revolutionary Monk, 2005. Ferro, motore, legno, 133 x 44 x 44 cm. Courtesy Massimo De Carlo, Milano/Londra Crediti Dario Lasagni
La preziosità della colonna in marmo bianco sancisce inoltre una stretta relazione con le tarsie policrome del sepolcro dell’Alberti: l’affinità materica dei due oggetti li pone in una continuità non solo fisica ma anche ideale e concettuale. 
La dimensione intellettuale della scultura diviene oggetto di una riflessione che si sviluppa anche mediante azioni (nella performance La scultura lingua morta) e “traduzioni tecnologiche”: all’interno della cripta del museo Il Giocoliere (2014) propone una sorta di crasi tra la riproduzione di un’omonima opera di Marino Marini (attraverso una serie di coordinate numeriche che ne restituiscono la scansione in 3D, chiamate in gergo “nuvole di numeri”) e gli Studi di Nuvole di Constable. La stampa su carta delle coordinate della scultura di Marini ricopre un’enorme parete, come una sorta di affissione pubblica, sovrapponendosi alla copia dell’opera del pittore romantico: la riproducibilità ricercata dei gesti – scultoreo e pittorico – si fonde nelle due dimensioni del muro e allo stesso tempo viene negata per l’impossibilità di una resa fisica e reale de Il giocoliere di Marini. La scultura diviene simulacro di sé stessa, l’immagine numerica può solo evocare l’idea dell’oggetto e la complessità del gesto creativo che l’ha generato.   
Elena Magini
mostra visitata il 10 gennaio 2015
Dall’11 gennaio all’8 marzo 2015 
Massimo Bartolini
a cura di Alberto Salvadori
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio, Firenze 
Orari: 10:00 – 17:00, chiuso il martedì, la domenica e i giorni festivi 
Info: info@museomarinomarini.it – www.museomarinomarini.it  

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