12 febbraio 2015

L’intervista/Miriam Mandosi

 
MA LE PROFESSIONI DELLA CULTURA ESISTONO?
Job Acts e decreto Franceschini del maggio 2014 hanno cambiato qualcosa. Ma la strada è ancora in salita

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Esercito della Bellezza, 500 giovani. Da ogni angolo la parola è sempre la stessa: volontariato. E le professioni culturali muoiono. Ne parliamo con Miriam Mandosi, coordinatrice del Gruppo di lavoro dei giovani professionisti museali di ICOM (International Council of Museum) per l’Italia. Classe 1983, una laurea in Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma e un Master in Servizi Educativi per il Patrimonio artistico dei Musei Storici e di Arti visive all’Università Cattolica di Milano. 
Partiamo da lontano. Perché lo scorso novembre l’esercito della Cultura è sceso in Piazza a Roma?
‹‹Per cercare di arginare alcune scelte del consiglio comunale capitolino. Da una parte, la scelta di affidare la gestione di sette musei della città a uno staff composto esclusivamente da volontari, dall’altra un progetto che il comune ha realizzato in collaborazione con Enel per inviare alcuni reperti archeologici negli Stati Uniti per motivi di ricerca. Tra le associazioni scese in piazza c’era anche MAB che, si è espresso in modo molto duro contro le decisioni prese dal sindaco Marino››.
Miriam Mandosi
Cos’è il MAB?
‹‹MAB è un coordinamento di associazioni che riunisce Musei – Archivi – Biblioteche (rispettivamente rappresentati da ICOM Italia; ANAI; AIB), ed è un gruppo formatosi nel 2011. Tra i temi maggiormente riflettuti insieme c’è quello sul riconoscimento delle professioni museali: archivisti e bibliotecari hanno già un ordinamento abbastanza definito e parzialmente avanzato, i professionisti museali non ancora››. 
Veniamo al punto. L’utilizzo ormai cronico di volontari nella cultura quanto è lesivo per professioni (museologi, curatori, archeologi), ancora lontane dall’esser riconosciute?
‹‹ICOM Italia dall’inizio del 2012 è allarmata sull’impiego dei volontari come “lavoratori” nella cultura. Ben venga un supporto nella gestione, ma queste figure dovrebbero avere, all’interno dei nostri musei, un ruolo preciso e regolamentato.
Credo siano fondamentalmente tre gli aspetti importanti: la presenza continua nel museo di professionisti per garantire la piena valorizzazione del contributo dei volontari; la chiarezza e distinzione dei ruoli e l’impiego di volontari scelti sulla base delle proprie competenze specifiche e comunque prevedendone la formazione e l’aggiornamento. Spesso invece i volontari sono dei “tutto fare” che ricoprono posizioni anche molto delicate, come il rapporto con il pubblico, e affrontano i problemi legati all’episodicità e alla mancanza di un’adeguata preparazione specifica. 
Di questo tema, così come della formazione dei professionisti del patrimonio, c’è un interessante indagine dell’associazione Bianchi Bandinelli››.
Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza
A questo proposito, nella moderna museologia sta avvenendo un cambiamento nel ruolo di alcune figure professionali. Ci parli di queste novità?
‹‹Dall’11 al 13 novembre si è svolto a Livorno il XXIV Congresso Nazionale dell’Associazione Nazionale dei Musei Scientifici. L’incontro ha riguardato il nuovo ruolo sociale del museo e a questo proposito si è riflettuto anche sulle figure professionali museali, in particolare sul direttore e il mediatore/operatore dei servizi educativi. Sono professioni che hanno già un loro inquadramento nella Carta nazionale delle professioni museali dell’ICOM, ma che richiedono una ridefinizione. Durante il Congresso qualcuno ha addirittura lanciato la proposta che il direttore possa non essere una persona laureata nella disciplina del museo. Esistono casi di questo tipo nei musei americani, ma lì, ad affiancare il direttore nelle scelte gestionali, organizzative ed economiche, ci sono i curatori. Un argomento molto rischioso in Italia, dove spesso (soprattutto nei piccoli musei), i direttori di musei sono pressoché volontari. Il mediatore museale invece, che in Francia ha un suo percorso di studio e delle competenze specifiche, ben riconosciute, in Italia è ancora una figura poco chiara, spesso confusa con il mediatore linguistico o culturale. Dati i nuovi ruoli del Museo, il mediatore museale o del patrimonio, dovrebbe essere lo “sviluppo” dell’operatore dei servizi educativi. Ciò che va aggiornato sono le competenze. D’altronde, i servizi educativi dei musei hanno proprio la funzione di mediare tra il patrimonio, il museo e i pubblici››. 
Riguardo al Jobs Act, ci sono dei punti che possono riguardare i professionisti dei beni culturali?
‹‹Il MAB ha espresso una posizione a questo riguardo: nel Jobs Act c’è un rischio per le partite IVA, fatto non secondario considerato che la maggior parte dei professionisti dei beni culturali lavora con questa modalità. Sembra (anche se non ancora accertato), che il nuovo regime risulterebbe – rispetto a quello attuale semplificato – sfavorevole per chi abbia un imponibile inferiore a 15mila euro e favorevole per chi supera i 30mila o addirittura i 45mila euro. Un provvedimento quindi che colpisce maggiormente chi ha un guadagno annuo più basso. Ci sono però anche novità positive come il raddoppio da 5 a 10 degli anni iniziali dell’attività che consentono l’applicazione del regime agevolato››.
Gli scavi di Pompei
Il Decreto Legge del Ministro Franceschini del 31 maggio 2014 è stato appena convertito in legge: una prima proposta per il riconoscimento delle professionalità. Quali sono le novità?  
‹‹Possiamo dire che in questo decreto confluisce la Legge Madia che per la prima volta sancisce che gli interventi sui beni culturali debbano essere direttamente condotti o quantomeno affidati alla responsabilità di professionisti in possesso di adeguate formazione ed esperienza. Peccato che tra le figure professionali citate non ci sia il museologo. Certo è anche vero che sulle competenze e i compiti di questa figura non c’è unanimità. Si discute ancora del giusto nome da dargli: museologo? Professionista museale? Museante? Comunque, per l’”inquadramento” delle figure professionali si rimanda alla Legge n. 4 del 14 gennaio 2013 sulle associazioni professionali non ordinistiche. Si parla qui di un effettivo coinvolgimento delle associazioni dei professionisti del settore nella definizione dei requisiti di iscrizione nei registri del  Ministero. Ma cosa sono esattamente queste liste? Degli ordini professionali (che tra l’altro in Italia sono prossimi alla scomparsa)? Che rapporto avrebbero con il mondo del lavoro dato che, come sancisce la Legge, non è obbligatoria l’iscrizione? Per quanto riguarda il professionista museale, la strada è lunga e ICOM attualmente non può essere l’associazione nazionale di riferimento (è infatti la costola italiana di un’associazione internazionale) ma potrebbe esserlo MAB… Si terrà infatti il 14 febbraio a Bologna, una giornata MAB dedicata proprio al tema “Professioni e formazione: professioni e funzioni nei musei, negli archivi e nelle biblioteche”. È importante ricordare anche il lavoro che alcune Regioni italiani, tra cui il Lazio, hanno svolto in merito alle competenze trasversali a questi tre ambiti››. 
 
Palazzo Spinola, Genova

Come confluisce la legge Madia nell’ARtBonus?
‹‹Nell’ARtBonus, dove si sancisce che gli istituti e i luoghi della cultura pubblici potranno assumere, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti di età non superiore a 40 anni da impiegare nel rafforzamento dei servizi di accoglienza e assistenza al pubblico e nel potenziamento degli interventi di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e valorizzazione dei beni culturali. I limiti di età imposti tengono fuori comunque un grande numero di professionisti››. 
Come giovane di un’associazione internazionale come ICOM, quali modelli prenderesti in prestito dai nostri vicini di casa? 
‹‹Un problema che abbiamo in Italia è che vediamo l’estero come l’oro. Questo non prescinde dal fatto che nel nostro Paese manchi una cultura dei musei. La cosa che forse importerei è il fatto di uscire dalle barriere professionali che in Italia crea, purtroppo, la nostra università. Altrove c’è molta più “liquidità” da questo punto di vista; ciò che conta sono le competenze che hai. 
È poi dobbiamo imparare a diffondere maggiormente la cultura dei musei. Ricordiamoci che la cultura è un diritto di tutti e che forse in Italia non tutti lo sanno…››.
Eleonora Minna

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