05 marzo 2015

Ancora a parlare di cultura?

 
Il Ministro Franceschini, al seminario di Fondazione Symbola, non perde occasione per parlare di cultura. Ma la verità è che dice ben poco di quel che già non sappiamo, rendendo tangibile l'immobilità che vediamo

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La verità è che ormai, più che parlare di cultura, bisognerebbe iniziare a farla. E invece si taglia di nuovo, assessorati in primis, come abbiamo visto recentemente anche a Roma. Franceschini, dal canto suo, alla presentazione della Giornata del Contemporaneo aveva detto che il comparto non avrebbe subito decurtazioni, ma non sarebbe entrato nessun nuovo denaro, infatti. Da altre parti qualche fondo è invece entrato, dai FUS fino a quelli europei per le regioni del Sud e la loro tutela paesaggistica. Vedremo dove e come e quando andranno a finire in opere concrete, visto che le chiacchiere – d’altronde sempre di politica si tratta direte voi – sono sempre abbondanti. 
E anche un po’ stereotipate, o quanto meno parecchio sentite. Il Ministro, insomma, dovrebbe cercare di reinventarsi un po’. 
Come scrivevamo poco sopra, nella conferenza di Fondazione Symbola al Mibact, per portare all’attenzione i temi del rapporto di Unioncamere “Io sono cultura”, Franceschini ha ribadito che «Il cinema è un veicolo formidabile di promozione del Paese fuori dai nostri confini. Un film che fa vedere la bellezza italiana conta molto di più di mille spot a pagamento. Basti vedere quello che ha prodotto La grande bellezza. Ci sono dei turisti che vengono a Roma per seguire l’itinerario del film, qualcuno anche vestito di bianco come Gambardella». Ah beh, se c’è qualche bravo americano o tedesco che si veste come la nostra più grande “macchia” allora andiamo bene. Ma non è finita, perché il Ministro l’ha buttata anche sul televisivo: «La TV può fare molto per raccontare la bellezza italiana e le storie positive che ci sono nel Paese. Il sistema dei media, della stampa, come normalmente avviene in altri Paesi, che hanno l’orgoglio di parlare bene delle cose che funzionano, potrebbe parlare bene anche da noi delle tante storie di eccellenza italiana che sono dappertutto». Tanto per cominciare forse allora sarebbe il caso di lanciare qualche programma che si occupi di cultura anche nella tv generalista, in quei contenitori che in Rai a Mediaset raccolgono invece solo pentole e padelle, liti e riappacificazioni e talent (?) show. Direte che oggi abbiamo il digitale terrestre: una nicchia. 
Insieme al Presidente di Symbola Ermete Realacci, si è insistito sul fatto che bisogna “essere unici” e che «L’Italia va avanti se fa l’Italia, ovvero se fa vedere il bello che l’accompagna», sostiene Realacci. Si, il Verybello magari? Una bella sorpresona per turisti in cerca di cliché. Poi, dati alla mano, il settore così importante per lo sviluppo risulta essere in flessione. Negativa, ovviamente. Nel 2013 il prodotto culturale ha fatturato il 5,4 per cento dell’intera economia, in calo di quasi l’1 per cento sul 2012, mentre gli occupati del settore sono calati rispetto a due anni fa dello 0,2 per cento e per quest’anno la forbice colpirà qualcosa come 6mila e 900 dipendenti. 
Dunque: o i dati sono errati, o forse è ora di smettere di parlare di quel che ancora non esiste, pensando di palesarlo. Che vogliamo fare? 

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