30 marzo 2015

Tutti in piazza

 
La politica internazionale e la Tunisia in piazza contro il terrorismo. Un messaggio, se non di speranza (parola forse troppo grossa, e abusata), almeno di unione. Che ricorda la Francia, dopo i fatti di Charlie Hebdo

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Non pensate che la piazza sia morta. La piazza è viva e ruggisce, contro quelli che le piazze le vorrebbero deserte, contro l’armata della paura. E contro quello Stato Islamico che, negli ultimi mesi, ha colpito troppo duro da una parte all’altra del Medio Oriente e non solo. La folla oceanica che ieri si è riversata nelle strade di Tunisi somiglia tanto a quella francese, che aveva usato Place de la République come base per far sentire la propria voce. Spezzata, ma non piegata, dopo l’attentato a Charlie Hebdo.
«La Tunisia non è sola. Non la daremo vinta ai terroristi e continueremo a combattere per gli ideali di pace, libertà e fraternità ovunque», ha dichiarato il Premier Renzi, che ha marciato con Boldrini e Hollande, mentre Mister Matteo Salvini non ha mancato di spararne un’altra delle sue: «Speriamo che Renzi e la Boldrini rimangano là, visto che con il loro buonismo stanno riempiendo tutta Italia di invasori, delinquenti e potenziali terroristi». 
Un’affermazione che di felice ha ben poco, e che anzi vuole aumentare paura, sospetto e razzismo, e che Emma Bonino ha bollato come «Una delle trappole che un gruppo di fanatici ci stanno tendendo, come per esempio costringerci a interventi militari poco pensati che non aiuterebbero né noi né a stabilizzare la situazione».
Insomma, mentre il Paese del Nord Africa si ritrova unito, decisamente più che durante la vecchia primavera araba ormai morta e sepolta dietro gli attacchi e le ultime cariche politiche salite al governo, che altro non rimarcano che un passato poco rassicurante di dittatura, la politica italiana corre come al solito su binari paralleli, e stavolta non sembra essere solo una questione “locale”. 
Intanto davanti al Museo del Bardo si è scoperta una stele commemorativa con i nomi delle 22 vittime dell’attacco. L’importante, ancora una volta, sarebbe evitare che tutto resti al rango del monumento. E dell’evento. 

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