20 aprile 2015

Addio a Luigi Boille, astrattista internazionale e dimenticato dall’Italia

 

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Pittore dall’esperienza europea, quando ancora le “residenze” non erano nemmeno nate e si facevano tra una galleria e l’altra, Luigi Boille era nato a Pordenone nel 1926.
Una laurea in architettura, ma la volontà di fare a tempo pieno il pittore. E così, dopo un soggiorno in Olanda, si va a Parigi, dove si stabilisce nel 1951, rimanendovi fino al 1965. Sono gli anni del Nuovo Realismo, ma sono anche quelli dove conosce la Jeune Ecole de Paris, con cui dal 1954 al 1959 espone in numerose collettive in Francia, Austria, Germania, Stati Uniti, Olanda e Italia. 
Ha un tratto assolutamente informale Boille, perso in mille curve e segni in bianco e nero, per poi esplodere negli anni ’60 e ’70, periodo in cui lavorerà anche con il critico Michel Tapié, che lo inserisce nelle sue ricerche sull’Art autree e in numerose mostre internazionali. Sempre alla fine degli anni ’50 è Giulio Carlo Argan che si avvicina a Boille, visitando lo studio di Parigi e quasi riportandolo in Italia. Già, perché dopo aver rappresentato l’Italia al Guggenheim International Award di New York insieme a Capogrossi, Castellani e Fontana, nel 1964, per Boille inizia una carriera nel Belpaese, fatta di Quadriennale (nel ’65) e Biennale di Venezia (nel ’67). Ma l’Italia non gli ha dato il giusto peso, o forse l’ha accantonato perché la pittura segue le mode, e forse le parole scritte per lui da Argan, “Il gesto di Boille svolgendosi e modulandosi come pura frase pittorica, realizza e comunica uno stato dell`essere, di immunità o distacco o contemplazione”, non sono più quelle che cerchiamo da un’opera d’arte?

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