28 aprile 2015

Superdesign Show formula vincente, e già si guarda al 2016. Tre domande a Carolina Nisivoccia

 

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A Fuori Salone da poco concluso, mentre le acque intorno paiono calmarsi, torniamo sul “luogo del delitto”, ovvero quello spazio che forse quest’anno è risultato più innovativo rispetto alle altre aree del design in città, e alle formule consolidate. Ve lo avevamo raccontato in una news, ma ora a parlare del bilancio (ma soprattutto del futuro) di Superdesign show è la sua direttrice artistica, Carolina Nisivoccia
La “rivoluzione” del Superstudio con il SuperDesign Show: cosa ha funzionato e cosa invece è da migliorare in questo nuovo modello?
«Con SuperDesign Show 2015 abbiamo mosso il primo passo nell’evoluzione che vogliamo imprimere al nostro evento della Design week, necessaria in tutte le cose e ancora di più in questi anni di transizione e anche di rapida evoluzione, convinti che il solo prodotto non sia più sufficiente a dare risposte. Superstudio da sempre fa un po’ da cassa di risonanza, da amplificatore delle tendenze che sono nell’aria. Quello che avviene qui è la messa in scena anticipata di ciò che è destinato a divenire una corrente affermata. Con questo nuovo format, in parte abbiamo portato avanti ciò che continua ad essere attuale, come l’attitudine museale. Dall’altra abbiamo voluto dare spazio, per la prima volta, a nuovi racconti, punti di vista sulle tendenze in corso, collocati in nuove sezioni create ad hoc, in cui radunare un insieme di espositori a tema. Questo per diventare un punto di riferimento facile e chiaro per i visitatori, nella miriade di proposte che si sviluppano durante il salone. Senz’altro l’anno prossimo vogliamo ampliare molto le presenze, includendo designer, artisti e tutto ciò che ha a che fare con questo mondo. Probabilmente amplieremo in generale la nostra ricerca, anche dando maggiore spazio alla nostra lettura delle tendenze, sembra che ci sia bisogno di questo. Ci ripromettiamo poi di lavorare maggiormente sulla grafica degli spazi comuni, in termini di comunicazione e contenuti. In realtà, già nei giorni del Salone appena concluso, abbiamo cominciato a lavorare al prossimo Superdesign show…le idee non mancano!».
L’impressione è che quest’anno si sia data particolare attenzione agli allestimenti, creando ambienti che quasi avevano più a che fare con l’idea di mostra più che dello showroom. Come ha reagito il pubblico?
«Da sempre la messa in scena, il racconto del prodotto, è un momento fondamentale per ogni azienda che deve entrare in contatto col pubblico. Si è capito che per fare questo racconto non ci si può limitare a esporre ma è necessario creare un contesto che racconti una storia. Personalmente da anni lavoro in questo senso, penso che chi fa allestimenti sia una sorta di “storyteller”. La cosiddetta “architettura della percezione” è una delle parole-chiave di questo salone, rispecchia il desiderio di vivere allestimenti che lavorano sui cinque sensi. In generale è un momento in cui c’è un incontro tra la necessità da parte del pubblico di essere coinvolto e il desiderio da parte dei designer, di stimolare. Il visitatore passa da un ruolo di passivo spettatore ad attore. Agisce cioè nell’allestimento e insieme all’allestimento. Alcune aziende hanno capito che per meglio raccontarsi a volte le emozioni che vengono suscitate servono più del prodotto stesso, soprattutto in un momento di sovraffollamento di oggetti come quello del Salone. Ciò che rimane veramente impresso è ciò che si è vissuto. Superstudio poi è un luogo perfetto perché abbiamo grandi superfici libere e grandi altezze, c’è davvero molta libertà di sperimentare». 
Pensa che, a partire dal nuovo Superdesign show, nei prossimi anni ci possa essere una nuova vita per Zona Tortona, che negli ultimi tempi era stata considerata un po’ “inferiore” rispetto ai nuovi distretti delle 5VIE o Brera, per esempio?
«Superstudio sin dalle origini è stato un traino per l’intera zona, che a dire il vero si distingue per essere in una incessante evoluzione. Pur essendo una zona vicino al centro, vede senza sosta nascere nuovi edifici, architetture di qualità, nuove realtà, anche molto importanti. Dal Mudec al Museo di Armani, al nuovo hub culturale nell’ex Ansaldo. Sono tutte presenze che portano a consolidare sempre più la zona come luogo adatto ad ospitare le realtà più innovative». 

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