05 maggio 2015

Venezia/Il Padiglione Italia? Vecchio, dal respiro cortissimo. E perfettamente allestito

 

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Che il Padiglione Italia di Vincenzo Trione sarebbe stato diviso-allestito nelle “celle” messe a punto dal progetto di Giovanni Francesco Frascino lo sapevamo già. E quello che sospettavamo da oggi è la dura realtà: il “Codice Italia” declinato in questa modalità è chiuso, asfittico. Il Padiglione, nonostante alcuni pregevoli lavori (soffocati dal loro stesso isolamento) di Alis/Filliol (particolare sopra) Marzia Migliora e di William Kentridge, mostra non un affondo delle proprie radici per guardare al futuro, ma per scrivere un epitaffio. Il risultato è insomma una collezione stantia, di un Paese in profondissima crisi. 
Nonostante un inizio colorato si scade in un taglio profondamente accademico, che lo snodarsi di artisti e lavori anche interessanti non lascia spazio al respiro, ma soprattutto al futuro. 
“Codice Italia” di per sé, come mostra, sarebbe anche potuta funzionare in un altro contesto (una fiera per esempio, come avevamo ipotizzato?) ma non di certo alla Biennale, dove ogni Paese che si rispetti – lo ribadiamo – prende uno o due artisti e li porta al cospetto della platea dell’umanità. Da noi, no. Con il risultato che siamo di fronte a una mostra che non serve né al pubblico, né al curatore, né tanto meno agli artisti. E allora? E allora tutto, nonostante questo, è perfettamente allestito. Rigoroso, elegante, come in una delle migliori edizioni di Tefaf. (Paola Ugolini)

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