05 maggio 2015

Venezia/Il ritorno della Wunderkammer o il museo come sottrazione e lo spettatore come spettacolo. Signore e Signori, ecco “Portable Classic” da Prada

 

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Entrerete nel vestibolo e incontrerete nel portego sul Canal Grande un popolo di statue. Sarà difficile capire se sono più vive le copie in gesso degli studenti e studiosi di scultura –  che riproducendo i classici, dal Leocoonte, al Cavaspino, al Galata morente, enunciano i temi figurativi principali della cultura visiva occidentale, –  o il popolo delle inaugurazioni, immancabilmente calzato da scarpette ginniche fluo e lacci diversi, o da finti pitoni su suole di gomma, finti tacchi su suole bianche, finti zigomi su vestitini neri e vero piacere estetico, bianco come il gesso. In questo giardino del Belvedere in miniatura, i temi figurativi principali del canone classico sono già tutti presenti. 
Al piano superiore, il portego al piano nobile del palazzo veneziano fa eco al giardino di Kassel, con la stanza dedicata alla prima delle variazioni dei calchi delle statue classiche, la Scala. Una delle copie dell’Ercole Farnese, alta tre metri, di cui manca l’originale, è ripetuto nove volte; nel giardino a Kassel è una figura all’apice di una cascata che ne ricorda le fatiche, qui la cascata è quella delle copie progressivamente ridotte fino alla serliana sul Canal Grande a una statuetta di ceramica di meno di venti centimetri. Poi un podio vuoto invita a salire, al centro del cono ottico e prospettico, e a guardare la ripetizione di scala della stessa figura. Come se i visitatori fossero l’origine di questa mise en abime e insieme il fine ultimo e anche la definitiva elisione di una origine e di un originale, definitivamente essi stesse copie di un canone. Una volta capito che si tratta di copie di copie, per ognuno dei processi di invenzione del Classico e della cultura dell’Europa moderna, c’è una stanza in cui un espositore leggero, di acciaio verniciato bianco, policarbonato e plexiglass in sezioni auree progettato dallo studio OMA, contiene le opere che definiscono i paradigmi della “mobilità” dell’estetica classica e rinascimentale europea e dell’occidente: dalla Iterazione al cambiamento di Dimensione, dalla Collezione alla variazione dei Materiali, dall’innovazione della Tecnologia alla mostra in dimensioni intimiste dello Studio. 
Quindi ora che sappiamo di avere nella memoria il residuo di una operazione di calco, di essere nei nostri modi di pensare delle copie di copie, potremo forse accettare con più agio che tutto questo patrimonio stia definitivamente diventando appannaggio di una elite ricca, internazionale e colta, non più oggetto di studio nelle scuole medie e superiori italiane, non più oggetto di tutela dello Stato, per mere questioni di budget. La cultura classica è morta. Evviva il Portable Classic. (Irene Guida)

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