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Intanto, dunque, questo primo dato, ma non solo. A Granpalazzo ha funzionato il clima che si è subito instaurato tra le belle sale di Palazzo Rospigliosi. A differenza delle fiere, dove i tempi concitati e la sovrabbondanza dell’offerta non favoriscono la conoscenza del lavoro dell’artista e della stessa galleria, il numero circoscritto degli stand presenti, la selezione degli ospiti (tutti motivati ad approfondire) hanno permesso il dialogo tra gallerie, collezionisti e critici.
E non a caso Granpalazzo, ideato dalle galleriste romane Paola Capata (Monitor) e Federica Schiavo che non si sono messe in mostra ma hanno dato spazio a colleghi italiani e stranieri, non è una fiera. È una creatura ibrida che cerca di sperimentare una formula nuova, tra commercio e proposta culturale, sebbene lo sbilanciamento a favore dei collezionisti, e quindi al mercato, piuttosto che un’attenzione alla presenza di critica e stampa, fosse evidente. Ma da questo punto di vista Granpalazzo si allinea perfettamente al clima generale che segnala le criticità dell’attuale sistema dell’arte.
Ciò detto, oltre le gallerie italiane e straniere di cui vi abbiamo già dato notizia http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=45907&IDCategoria=204, nei due giorni sono stati ospitati anche progetti speciali – particolarmente apprezzabile quello di Lulu di Città del Messico con Marie Cool e Fabio Balducci, e si sono susseguite delle performance, la più riuscita ci è sembrata il match di boxe che produceva strane e affascinanti ombre di Vilfredo Prieto. Ma ci sono state anche vendite. La qual cosa è sempre una bella notizia.
si ma un po’ fine a se stesso. si respirava un po’ il sapore impositivo delle gallerie organizzatrici, ormai in crisi nella loro città. insomma quando inizieremo a parlare francamente di quello che accade a questo sistema?