27 giugno 2015

Florence la nuova nuova

 
Foto, collage, ritratti e immagini di moda. Dopo Parigi è la volta di Roma. Riscoperti gli scatti di Florence Henri nelle spettacolari scenografie delle Terme di Diocleziano

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Donna anche, ma prima di tutto artista. E sebbene del femminismo non ne avesse bisogno, i suoi clic anticipano le copertine delle prime riviste femminili. L’attenzione di Florence Henri all’altra metà del cielo, anche se costante, non ha uno scopo di denuncia, è solo arte. E, per questo, rivoluzionaria. Vestendo e mettendo in posa personaggi e modelle, si muove come una regista in mezzo alla scena, che così assume una connotazione cinematografica. E, come dentro a un film, adesso alle terme di Diocleziano, tra suggestive architetture antiche si gira la sua “pellicola” in 140 scatti e 5 sezioni (fino al 31 agosto). «Foto, collage e ritratti, costituiscono finalmente insieme ai self portrait e alle composizioni astratte un’intera collezione – commenta il curatore e riscopritore dell’artista, Giovanni Battista Martini – raccolta nel giro di diversi anni con l’amico e collega Alberto Ronchetti. È a partire dagli anni ’70 che va avanti questa appassionante ricerca (fin dai tempi degli incontri a casa di Florence a Bellival, in Francia), mancano all’appello però le pubblicità di moda che lei ha distrutto considerandole poco creative. Entrano dentro il suo obiettivo oltre a paesaggi e nature morte anche artisti e amici: Mondrian, Robert e Sonia Delaunay, Hans Arp e Sophie Tauber Arp, Nelly e Theo van Doesburg, Kandinskij».
Florence Henri – Femme aux jacinthes, 1930
Usando tecniche in quel momento innovative come il fotomontaggio o il metodo ‘sandwich’ con le ombre, gli specchi (in mostra Il gioco degli specchi, foto sopra), oggetti vari e i negativi, mixando e recuperando anche rovine romane, viene fuori è una realtà del tutto immaginata. Effetti visivi, montaggi, doppia esposizione, sono procedimenti non solo esibiti, ma voluti per suscitare una percezione della realtà indefinita, frantumata che oltrepassa il confine tra vero e artificiale.
Per questo nelle grandiose aule delle terme prende il via una grande illusione: trovare la verità nella forma. Come avviene è interessante, considerando che Florence visse tra le due guerre e che già allora lo aveva fatto sospendendo il significato delle cose in un’immagine (come si vede in mostra, per esempio, con la foto divisa a metà). Anche se le stesse forme non sono che apparenza per la Henri che poi si trasformano, a conferma ancora che la verità non esiste ed è informe (come nelle nature morte, in mostra). Le immagini così non bastano e la fotografia anche, la più evocativa, ci dà solo una visione pellicolare delle cose. Non a caso la sua Roma (vi soggiorna tra il 1931 e il 1932) è una città completamente ribaltata, più romantica forse. Simboli come San Pietro o il Campidoglio (nella sezione 4) manipolati tanto da diventare, anche se riconoscibili, il risultato fantasioso dei suoi procedimenti tecnici più sperimentali.
Florence Henri, Composition Nature Morte, circa 1931. MARIO PARODI, GENOA, ITALY
Insomma, se nella sua ottica entra di tutto, dall’uso dell’ombra come elemento fondante agli effetti sfuocati, per le immagini più celebri di Roma intervengono anche oggetti (perle, frutta, conchiglie, rose) in un secondo momento ricomposti in studio col fotomontaggio o il collage.
Gli inizi di Florence sono come pianista (studia al conservatorio di Santa Cecilia), esperienza che poi, quando avverrà il changing mind grazie alle lezioni al Bauhaus di Dessau, influenzerà con un tono ‘musicale’ e ritmando alcuni suoi scatti. Artista del tutto indipendente troverà, come Narciso con Boccadoro, nella figura di Klee e Kandinskij degli insegnanti straordinari nella scuola di Weimar.
Se nei ritratti ricorda alcuni Man Ray, altri fotografi e artisti si inseriscono nel suo percorso fotografico, suggestioni lontane o più evidenti che si possono vedere nella mostra esposta nel più grande impianto termale dell’antichità. Promossa dagli Archives Florence Henri, Electa e la Soprintendenza dei Beni Archeologici, che per l’occasione ha curato anche il catalogo, va in scena una monografia completa e aggiornata su questa fotografa a lungo dimenticata che, grazie all’attenta cura di Martini e Ronchetti, viene finalmente riscattata e riconosciuta come una delle più raffinate e originali personalità della fotografia del XX secolo.

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