29 giugno 2015

MIRACOLO A MILANO

 
Allo Spazio Oberdan è in scena con la fotografia una città sempre affascinante e problematica. Come il museo da dove arriva l'esposizione, il Mufoco. Ancora appeso a un filo

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Prima di iniziare a raccontarvi della bella mostra che trovate allo spazio Oberdan di Milano, “Ieri Oggi Milano” (fino al 30 agosto), c’è da fare una premessa: si tratta di una specie di miracolo. Esattamente un Miracolo a Milano, anche se arriva da Cinisello Balsamo, visto che l’esposizione raccoglie oltre quaranta autori della collezione del Museo di Fotografia Contemporanea, di cui spesso in passato ci siamo occupati per le precarie situazioni economiche e il taglio forsennato di fondi che l’istituzione, l’unica pubblica in Italia dedicata alla fotografia di oggi, ha subito da uno dei suoi enti fondatori: Regione Lombardia.
Questa mostra non fa eccezione: è stata infatti realizzata con il contributo straordinario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e non si sa che cosa accadrà nel prossimo futuro al museo. La Presidente Silvia Trezzi, in conferenza stampa, ha dichiarato che si è lontani da un passaggio dell’istituzione a “nazionale”, passo che dovrebbe venire dal Mibact e dal Governo, ma che data l’agenda e i problemi di altro genere che incombono, non arriverà a breve. 
Emilio Frisa, dalla serie - Quelli della metropolitana - 1959
Quello di cui bisognerebbe però parlare a brevissimo riguarda i fondi che dovrebbe mettere, appunto, Regione Lombardia e che attualmente fa orecchie da mercante, al punto che pare sia stata inviata una missiva al governatore Maroni firmata non solo dal Sindaco di Cinisello Balsamo e Presidente Trezzi, ma anche da Claudio De Albertis, Presidente di Triennale, istituzione che con il Mufoco spesso ha collaborato, per avere un po’ di ascolto. Perché il Museo di Cinisello, come ricorda anche la direttrice e curatrice della mostra Roberta Valtorta, non è nato con un’inclinazione locale, ma nazionale ed europea, e lo abbiamo visto chiaramente in questi anni. Nonostante l’idea, sempre presente, che il Mufoco fosse un affare di Cinisello piuttosto che di Milano. Ma oggi la città è metropolitana, e staremo a vedere che cosa accadrà.
Intanto, sempre per buttare un po’ di benzina sul fuoco, dalla Regione nessuno si è presentato in conferenza anche se, ricordiamolo, tutti i fondi fotografici di proprietà della Lombardia sono depositati, curati e conservati proprio a Cinisello (insieme a qualcosa come 2 milioni di fotografie di oltre 600 autori e un’altra trentina di fondi): è chiaro che il compito dell’istituzione non può essere finito qui, altrimenti si renderà il museo un puro deposito, che è poi quello che potrebbe succedere tra pochi mesi. Sarà da vedere, in questo caso, se Villa Ghirlanda accetterà di tenere occupati la metà dei suoi locali con “roba” d’altri, custodita con dovizia e senza ricevere nemmeno un euro per le spese di gestione (ricordiamo che gli stanziamenti annui sono passati da 400mila euro a 200mila per arrivare praticamente allo zero attuale). 
Moreno Gentili, La fabbrica del Duomo, 2000
La Regione di Milano così impegnata tra Expo e affini, insomma, non sembra ancora essersi accorta di un tesoro che ha a portata di mano e che non solo meriterebbe uno spazio forse più centrale, come potrebbe essere l’Oberdan, ma anche un po’ di capitale per far funzionare le cose. La speranza è che qualcuno dei vertici veda “Ieri Oggi Milano” e si lasci un po’ incantare dalle visioni di una città descritta dal buio della distruzione del dopoguerra fino al boom economico, qui un po’ tralasciato per visioni più “romantiche”, dagli anni ’80 e ’90, fino ad oggi, a quella città salita e diventata appunto metropolitana, finalmente.
Leggete la mostra come preferite, attraversate le sale come vi pare, perdetevi tra architetture, personaggi, storia, vecchie fabbriche, nelle varie sezioni. Scoprirete la città degli anni di piombo che oltre ai funerali delle vittime di piazza Fontana del 1969, negli scatti di Massimo Vitali, e anche quella dei quartieri periferici e dei tram, come il Gratosoglio di Uliano Lucas, del 1971; una città che insieme alla modernità del grattacielo Pirelli appena sorto (Milano 1968, piazza Duca D’Aosta, sempre di Lucas), lottava con l’allora problema dell’immigrazione dal sud (vi ricorda qualcosa?) e mostrava già la sua faccia trendy, con il Mondo Cocktail di Carla Cerati, 1969-72, dove si scopre che non è cambiato nulla rispetto al “bel mondo” dei party di oggi.
Gabriele Basilico, Milano, 2008
E poi ci sono i ritratti di una città, attraverso i suoi esterni e i suoi personaggi, dall’artista Luigi Serafini alla poetessa Patrizia Valduga, raccontati dallo sguardo di Paola Mattioli a “La scena artistica” in posa di Attilio Dal Comune, che mostra Giovanni Raboni o Arnaldo Pomodoro. 
“Ieri Oggi Milano” è, insomma, un vero e proprio omaggio per topos della metropoli, rimettendo una luce (anche se oggi non manca di certo, con Expo e con qualcosa come 200 eventi al giorno legati alla cultura, alla creatività e, manco a dirlo, al cibo) l’identità di un luogo dove le cose accadono, fucina di novità come lo era stata la prima metropolitana d’Italia (inaugurata nel 1961 e che aveva divelto intere aree, scoperchiato il centro storico) ritratta da Emilio Frisa alla fine degli anni ’50. 
E poi gli omaggi degli stranieri, di chi forse è riuscito a dare un’ulteriore lettura al landscape milanese, come Peter Fischli & David Weiss e allo loro Untitled (Milano Duomo) 1992-2000, Thomas Struth, con la sua Cattedrale e Giovanni Hänninen con i backstage di un’altra eccellenza mondiale, il Teatro alla Scala, e anche gli scatti agli stranieri, a quella fetta di popolazione che ha reso la città della Madonnina poliglotta e multietnica e, anche per questo, in costante via di ridefinizione, negli still di Gilbert Fastenaekens e nelle immagini di Paul Graham.
Stavolta, i grattacieli (che ci sono e si vedono) sembrano cedere il passo però a un’identità più profonda, dove il cambiamento è sempre stato nell’aria, insieme a quella nebbia che si è diradata lasciando spazio ad un’altra città, camaleontica nel suo piccolo e che attualmente sembra dormire poco. 
Un’altra (o ultima?) speranza tangibile, sotto forma di mostra, per promuovere e tutelare definitivamente il grande lavoro che sta intorno a queste memorie appuntate, ed essenziali. 
Matteo Bergamini

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