16 luglio 2015

Claudio Parmiggiani La Camera degli Amori a Villa Medici Accademia di Francia a Roma

 

di

La farfalla è un animale veramente abusato nell’iconografia artistica: dalle donne-farfalla di Alberto Martini, alle vetrate fatte di ali di farfalla di Damien Hirst, sino alle farfalle bruciate o distrutte di Mat Collishaw, in molti sono stati gli artisti affascinati da questo insetto, per il suo essere effimero e bellissimo simbolo allo stesso tempo di vanitas e di trasformazione.
E la farfalla è anche il soggetto scelto da Claudio Parmiggiani per realizzare l’opera che l’Accademia di Francia di Roma gli ha commissionato per decorare permanentemente il soffitto della Camera degli Amori di Villa Medici.
La commissione conferma l’intenzione dell’Accademia di porsi non solo come mediatore tra Italia e Francia – Parmiggiani è un forte artista italiano, eppure conosciuto bene anche oltralpe – ma anche come anello di congiunzione tra passato e presente, tra antichità e contemporaneità. 
Senza considerare che l’anno prossimo inizieranno le celebrazioni per il 350enario dalla fondazione dell’istituzione, e dunque, quale miglior portafortuna di questo lavoro?
Claudio Parmiggiani, La Camera degli Amori a Villa Medici, foto di Claudio Abate
Sei spazi nel soffitto ligneo a cassettoni, rimasti a lungo vuoti dopo la distruzione intorno al 1700 del precedente ciclo decorativo di Jacopo Zucchi – gli amori di Giove, che il granduca Cosimo III diede ordine di bruciare perché troppo licenziosi – hanno accolto alcune tele en grisaille ove Parmiggiani ha registrato l’ombra di centinaia di farfalle con la tecnica delle delocazioni da lui sviluppata fin dal 1970 (che consiste nel provocare un fuoco, appoggiare degli oggetti sulla tela, e lasciare che il fumo e la fuliggine creino delle ombre).
Né questa tecnica né l’uso delle farfalle sono delle novità nella prassi artistica dell’artista, ma il vero interesse è nel modo in cui l’opera si innesta nell’ambiente di Villa Medici.
Spazialmente la luce trapassa dal chiaro al grigio scuro, seguendo sciami di farfalle fantasma attraverso i pannelli, in perfetta armonia sia con la luce naturale e radente che entra dalla finestra, sia con le pareti dipinte da Balthus, con le quali condivide una stessa indefinibile vibratilità. 
Inoltre l’uso del fuoco durante l’atto creativo, ne riscatta il potenziale negativo e distruttivo, manifesto nell’incendio delle opere originarie e, sotto forma di fiamma e di luce irresistibile, nell’annientamento dei poveri lepidotteri.
Dal punto di vista iconografico la farfalla richiama Giove, dipinto da Dosso Dossi in una celebre opera proprio nell’atto di dipingere farfalle. Oltre ovviamente a Psiche, l’anima, che della farfalla aveva le ali.
C’è poi una lettura più leggera forse: la similitudine tra le farfalle notturne, così attratte dalla fiamma che le distruggerà, e certe dinamiche amorose. «That’s the way love goes / Like a moth to a flame [È così che va l’amore  / Come una falena nella fiamma]» cantava non a caso Janet Jackson una ventina di anni fa, parafrasando forse inconsapevolmente le parole che Shakespeare aveva messo in bocca alla Portia del Mercante di Venezia quattrocento anni prima «Thus hath the candle singed the moath». Così la candela ha bruciato la falena.
Mario Finazzi
Dal 1 luglio 2015
Claudio Parmiggiani
Accademia di Francia a Roma – Villa Medici 
Viale Trinità dei Monti, 1 00187 Roma 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui