30 luglio 2015

La città delle libertà

 
La Grande Mela difficile e carrieristica non perde lo smalto nel rivelarsi, ancora, la "terra promessa". Con un'iniziativa fattiva (leggi monetizzata) per tentare di rendere la vita più semplice agli artisti. E cambiare, ancora un po', la faccia del Bronx

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Brutta storia gli affitti di New York, ma bellissima storia invece quella che era stata annunciata qualche mese fa dal sindaco Bill Di Blasio, e che aveva ringalluzzito schiere di artisti, o aspiranti tali, newyorchesi e non. 
Il governo della Grande Mela ha infatti definitivamente approvato e stanziato (anche se l’allocazione entrerà in vigore nel 2017-2018) qualcosa come 10 milioni di dollari per Spaceworks, un’organizzazione no-profit dedicata alla conversione di edifici di proprietà pubblica che diverranno spazi-studio a prezzi accessibili per gli artisti. L’organizzazione prevede di utilizzare i soldi per lanciare il suo progetto più ambizioso: oltre 15mila metri quadrati di monolocali a prezzi accessibili, nel Bronx.
Paul Parkhill, direttore esecutivo dell’ente, istituito nel 2011 con il sostegno dell’ex sindaco Bloomberg, ha assicurato che nella fase iniziale non solo si vaglieranno le candidature dei futuri occupanti, ma si parlerà anche con la popolazione locale per evitare “fraintendimenti” di sorta, per scongiurare l’idea di un’invasione da parte degli artisti.
Certo, se la si vuole guardare malignamente pare l’inizio di un’operazione come un’altra di gentrifricazione, per donare al Bronx (nonostante negli ultimi lustri la storia sia molto cambiata), quella faccia rassicurante che solo la creatività sa dare e che ha trasformato da tempo varie zone di Brooklyn, con l’ultimo tentativo di innalzare il livello dell’area di Red Hook. 
Ma c’è dell’altro, perché Spaceworks si appresta anche a convertire una ex scuola a Governors Island in altrettanti studi d’artista (40 unità), con uno spazio polifunzionale. C’è preoccupazione, tuttavia, che la domanda di locali a costi contenuti, vista la grande richiesta, non soddisfi l’esigenza, anche se Parkhill resta ottimista, rimarcando che la domanda non è infinita, ma solo molto profonda. Chi entrerà si vedrà, ma ancora una volta – a queste condizioni, con problemi annessi e connessi – New York fa sognare. Confermandosi la Mecca delle possibilità, “Concrete jungle where dreams are made of. There’s nothin’ you can’t do”. (MB)

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