05 agosto 2015

La difficile relazione tra Yoko Ono e le aste

 

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Sin dagli anni Sessanta c’è una donna, del mondo dell’arte che si batte per il femminismo, la pace e il controllo delle armi, e che nonostante tutto è odiata da milioni di persone. L’odio non è dovuto al suo lavoro di artista, ma alla sua vita privata, considerato colpevole di aver distrutto una delle band più importanti della storia della musica. Loro erano i Beatles e lei Yoko Ono. LA storia la conosciamo tutti, ma di acqua sotto i ponti ne è passata da quando la giovane Yoko conquistò Lennon ed il mondo dell’arte nel 1966 con la sua mostra di New York. Nonostante il suo successo ormai planetario, gli apprezzamenti di critici, e mostre antologiche in musei di tutto il mondo, come quella in corso al MOMA, Ono ha sempre avuto uno strano rapporto con il mercato dell’arte, dove la sua fama non le fa raggiungere prezzi stellari.
Le sue opere, non sono mai state presentate in una delle grandi aste serali che si tengono da Sotheby’s o Christie’s, e negli anni l’andamento delle sue vendite è stato spesso altalenante. 
Il suo record risale al 2010, quando Play it by Trust (in 33 parts), una scacchiera in bronzo dipinta di bianco, fu venduta da Sotheby’s per 116mila dollari, molto di più dei 60mila della stima iniziale.
Il secondo prezzo più alto pagato per un’opera di Yoko Ono, è molto più basso del suo record, e ammonta a 47mila dollari, pagati nel febbraio del 2012 da Christie’s. Come si spiegano questi prezzi e questa distanza dal mercato? Liz Bower, direttrice della Galerie Lelong, ha dichiarato che il rapporto dell’artista con le gallerie non è semplice, è fluido come la sua arte. E forse lo stesso si può dire della sua relazione con il mercato. Combinando il carattere concettuale delle sue opere, ed il fatto che i suoi lavori maggiori raramente raggiungono il mercato delle aste, con la poca fiducia dei mercanti nei confronti della sua attività limitata, si ritrovano le motivazioni che portano a una così poca offerta di Yoko Ono sulla piazza. Ma aspettiamoci ancora grandi cose dai suoi lavori nei Musei.  (Roberta Pucci)

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