02 settembre 2015

Istanbul/Impressioni a caldo da una biennale senza spettacolarizzazioni, per scavare nella conoscenza attraverso l’arte

 

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Prima giornata per stampa e addetti ai lavori, alla 14esima Biennale di Istanbul, distribuita in una moltitudine di sedi in una città che, già di per sé, è vastissima.
Il primo tour, che ha toccato i 21 spazi della zona di Beyoglu (quella per intenderci dove si trova anche il museo Istanbul Modern, sede principale della mostra, che vi racconteremo in seguito) racconta di una Biennale per niente muscolare, ma dove ancora una volta la direttrice Carolyn Christov-Bakargiev ha unito le forze sotto il segno di una “teoria delle forme di pensiero”, come recita il sottotitolo di Salt Water, per uno scavo profondo della possibilità di conoscere attraverso l’arte.
Una modalità più vicina alla Biennale di Gioni, che non alla grande causa politica di Okwui Enwezor. Forte, anche se non così convincente, è la presenza di artisti che si rifanno alla scienza, anche se prevale una dimensione intima, privata. 
E molto affascinante, nonostante l’impresa. Già, perché l’organizzazione non sempre è efficiente, e nonostante sia la prima giornata inaugurale molti spazi hanno seguito pedissequamente gli orari di chiusura alle 18, e le visite su e giù per le scale della città e delle varie sedi (banche, hotel e uffici), diviene una vera e propria corsa, anche contro il tempo. 

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