05 ottobre 2015

Che vuoi che sia qualche libro in più

 
Altro che libero mercato, in Italia da oggi ci si avvicina a un monopolio dell'editoria vero e proprio: ora che Mondadori si è mangiata Rcs, la potenza del brand ha una quota nazionale che copre circa il 40 per cento dei titoli, e dunque delle vendite. Sembra l'avverarsi di una premonizione, vecchia di decine d'anni

di

«Il mio giornale [Il giornale, n.d.r.] era in crisi e mi dissero che a Roma c’era un signore che stava diventando capo della stampa italiana. Si chiamava Licio Gelli». Chi parla è Indro Montanelli, in una vecchia intervista, dove raccontava del suo incontro con il leader della P2. Senza troppi giri di parole Gelli, in quell’occasione, disse che bisognava mettere sotto un unico padrone tutta la stampa nazionale e che comprare le proprietà – anche a quegli editori che non avrebbero voluto vendere – era solo “questione di prezzo”. Montanelli, a quanto pare, non gli credette e lo tacciò di essere «un matto o un piazzista, insomma un fregnacciaro qualsiasi».
Eppure da oggi abbiamo qualcuno, Mondadori, che avrà una fetta del 40 per cento dell’editoria nazionale, dopo l’acquisizione di Rcs Libri. E così Einaudi, Piemme, Sperling & Kupfer, Frassinelli, Electa e ora Bompiani, Marsilio, Fabbri, Bur, Sonzogno, Etas e tutta la divisione education saranno sotto il gruppo con sede a Segrate, alle porte di Milano. 
Un affare che è valso quasi 130 milioni di euro e che dovrà rilanciare il vecchio mercato di Rcs, capitanato dall’amministratore delegato Pietro Scott, da cui è rimasta esclusa solo Adelphi, il cui 58 per cento della casa editrice sarà ceduta a Roberto Calasso.
Il volume del fatturato annuo del nuovo (e unico) colosso dell’editoria italiano? Superiore ai 500 milioni su un mercato che nel complesso vale 1 miliardo e qualche centinaio di milioni (secondo i dati 2014). 
Stavolta, insomma, si può dire che l’Italia abbia raggiunto un vero e unico monopolio editoriale, con la conseguenza quasi naturale dell’allargamento di un gruppo, Mondadori, già fortissimo. Dopo le banche, insomma, ci sono i libri. E vedremo un po’ come andrà a finire con la cultura della differenza. Sperando non nella “differenziata”, come la carta stampata. (MB)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui