06 ottobre 2015

Arte (e un vestito) anti-stupro. Sarah Maple sfila con la sua nuova idea, per combattere la credenza del “non sarebbe successo se…”

 

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Definita l’erede di Tracey Emin, Sarah Maple – classe 1985 – dal 2007 ad oggi ha fatto spesso parlare di sè, e anche infuriare una parte di opinione pubblica. Per esempio quando l’anno scorso, in una fotografia, è apparsa vestita con il hijab, portando a spasso un maiale, animale “proibito” per l’Islam.
Ma l’artista, madre iraniana musulmana e padre inglese, pare non farci caso – come tradizione delle bad girls vuole – e stavolta si è inventata un altro capo di abbigliamento, in risposta alle cronache che vogliono le ragazze stuprate vittime in qualche modo solo di sé stesse e dei loro abiti succinti. 
E così Maple è arrivata a un passo dal campo della moda con il suo ultimo pezzo, un Mantello anti-stupro, nero, informe, che corre informe dal collo alle caviglie e con il quale si è fatta fotografare in una serie di scenari “tipici” per il crimine sessuale: una strada di notte, un parcheggio sotterraneo, un’area desertica e vuota.
L’ispirazione? «Stavo leggendo Sessismo quotidiano di Laura Bates e mi sono resa conto quanto sia universale la credenza per cui non “sarebbe successo niente” se le ragazze non avessero indossato quel vestito o non fossero state in un posto particolare da sole. Ed è ridicolo anche pensare che un po’ di carne renda gli uomini animali incontrollabili: un’idea dannosa per entrambi i sessi».
Sfida all’ultimo tabù, stavolta dalla parte “non spogliata” della barricata. Chissà non serva a qualcosa! 

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