28 novembre 2015

A che punto è la censura? Altissima, ancora. E ancora una volta è la Cina a mettere i paletti, a una mostra d’arte “femminista”

 

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Non solo l’Est Europa russo, turco o polacco ma anche, ancora, la Cina. Che non si smentisce in fatto di censura e, proprio nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne ha sbarrato le porte della Jinge Art Gallery di Pechino dove doveva tenersi l’opening di una mostra curata da Cui Guangxia.
Il tema? La violenza contro le donne, appunto, declinata attraverso lo sguardo ben 64 artisti, 50 per cento uomini e 50 per cento donne (nelle foto uno scatto di Liu Jing). 
La ragione per cui la nostra mostra sarebbe stata chiusa è da ricondursi alla pressione da parte di autorità politiche, ha chiaramente affermato Guangxia. Secondo il curatore la parità di genere e il dibattito che si poteva innescare a partire dalla mostra avrebbe messo le autorità a disagio.
L’incidente, se così possiamo definirlo, è l’ultimo esempio dei tentativi del partito nel silenziare il movimento femminista cinese. E secondo una serie di scrittori, artisti e attivisti da quando il presidente Xi Jinping ha assunto il potere sarebbe stato effettuato un ulteriore “giro di vite” intorno a certe questioni. Insomma, la lunga storia di Ai Weiwei, come di molti altri, non ha insegnato proprio nulla all’impero. 

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