28 maggio 2002

numero 178 maggio 2002 Art e dossier

 
in copertina: Spiccano le labbra rosse della femme fatale sul volto che Fernand Khnopff ha dipinto come se lo vedesse attraverso una nebbia velenosa: sembrano di fuoco e contemporaneamente ghiacciate… a lei e a tutte le Giuditta, le Astarte, le Salomè di fine secolo è dedicato uno degli articoli di questo numero…

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Inquietavano, ma non solo le muse di fine secolo: irretivano e ipnotizzavano, sospese in un incantesimo sulfureo, raccontate in versi, composte in frasi, evocate da un dipinto, velate dalle sfumature di un disegno… reiterate, comunque moltiplicate, come una genia di dee inestinguibili. Di loro, delle donne fatali, parla Francesca Cavallin nell’articolo che apre il numero di maggio, dopo un anno di mostre che hanno sviscerato in lungo ed in largo la Secessione Viennese, le ossessioni erotiche, le sublimi visioni dei preraffaelliti ecco un excursus che parte da Dante Gabriel Rossetti e arriva a Gustav Klimt, passando per il pittore belga che – secondo quanto scrive l’autrice del piccolo saggio – fu il tramite fra i due: Fernand Khnopff.
L’epica del paesaggio di Alberta Grugnoli attraversa sessanta anni di arte americana, scegliendoli da un secolo poco noto al grande pubblico, l’Ottocento; l’occasione è la mostra allestita presso la Tate Britain di Londra American Sublime: landscape painting in the United States 1820 – 1860, un percorso espositivo dedicato a quella visione della natura sospesa tra realismo della rappresentazione, tagli fotografici e romantico o elegiaco stupore – ma che spesso scade anche nella retorica di un eroismo un po’ troppo semplicistico – . Troppo vasto per essere abbracciata da uno sguardo, troppo vuoto per essere scenario, persino troppo incontaminato il paesaggio americano affascinava i viaggiatori europei (René de Chateaubriand scriveva non c’è nulla di antico in questo paese, eccetto gli alberi) e fu il soggetto per moltissimi artisti da Thomas Cole a Frederic Edwin Church a Martin Johnson Heade a Fitz Hugh Lane.
Di una scoperta relativa alla Conversione di San Paolo di Caravaggio (conservato nella Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo a Roma) scrive Maria Grazia Bernardini: che ne esistessero due versioni – l’altra sta in collezione Odescalchi – era fatto noto, recenti indagini radiografiche eseguite sulla tela conservata nella cappella hanno dimostrato che ci fu una versione ‘intermedia’ poi mutata dall’artista. In questa, da quanto si riesce a vedere la posizione del santo è differente, è rivolto verso chi guarda, ha il corpo contratto, le braccia allargate nello spavento e nell’emozione del fatto miracoloso. Nella redazione definitiva – quella che conosciamo – la concitazione è scomparsa, dell’apparizione è rimasto un raggio di luce che sfiora il corpo disteso di Paolo.
Tra gli altri articoli, una lettura iconologica di Silvia Malaguzzi relativa alle gemme nel Polittico di Gand di Jan van Eyck e Stendhal come critico d’arte di Gèrard-Georges Lemaire.
Il dossier è dedicato al Neoclassicismo, lo firma Fernando Mazzocca.

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maria cristina bastante


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