10 gennaio 2016

La rivincita delle donne di Saatchi. Tutto pronto per “Champagne Life”, e chissà che il mercato, stavolta, non se ne accorga

 

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Solo pochi giorni fa, grazie ad una classifica svolta nell’ultimo quinquennio da Artnet, vi abbiamo raccontato quanto sia difficile – per un’artista donna – cavalcare l’onda del mercato, schiacciate da percentuali abnormi di vendite “maschili”. 
Stavolta, però, ci pensa Saatchi a Londra, che dal 13 gennaio per un paio di mesi le donne le schiera tutte in galleria: un gruppo di artiste che riflettono propriamente anche sulla loro identità, su una professione che pr generazioni e generazioni è stata solo ad appannaggio degli uomini: alle donne non era possibile prendere un pennello in mano, figuriamoci se si sarebbe potuto vendere un letto sfatto da Christie’s e piazzarlo in un museo (Tracey Emin, che in mostra però non c’è, sarebbe stato troppo facile).
Insomma pare che “Champagne Life”, e le installazioni, le pitture, sculture e immagini di alcune artiste molto spesso non così famose Mequitta Ahuja, Alice Anderson, Marie Angeletti, Jelena Bulajic, Julia Dault, Mia Feuer, Sigrid Holmwood, Virgile Ittah, Seung Ah Paik, Maha Malluh, Suzanne McClelland, Stephanie Quayle, Soheila Sokhanvari, Julia Wachtel, si renda tangibile l’impossibile. E che finalmente si vede l’arte con l’altro occhio, quello di quell’altra metà dell’avanguardia che in realtà è un concetto decisamente superato, ma non per quanto riguarda la “fortuna” della creazione in rosa, regolata da corporazioni patriarcali e apprendistati che in passato resero molto difficile alle donne l’apprendimento delle competenze legate all’arte tradizionale, ma che le portarono più spesso a scrivere, visto che bastava carta e penna, come strumentazione di lavoro.
E allora basta! Basta con la storia che solo 4 dei 50 migliori prezzi d’asta pagati nel 2015 sono stati per opere di donne; e via con una “rappresentanza” degna di nota. A partire da 14 donne e 14 possibilità di mettere nero su bianco la giusta storia l’altra “visione” si merita. 

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