13 gennaio 2016

AL CINEMA

 
Ovunque tu vada, Checcozalonia sarà la tua patria
di Irene Guida

di

Quo vado? è un film confessione, è La Coscienza di Checco. E come è prevedibile, la coscienza di Checco è una barzelletta un po’ triste che fa ridere a pacchi. C’è la confessione, l’ammissione di colpa, il pentimento e infine l’assoluzione. Immaginare la coscienza di Checco Zalone è un atto rivoluzionario, e infatti davanti a una tribù africana di cacciatori di cinghiali, l’eroe deve provare di essere puro e innocente, dunque dovrà cominciare a spiegare in cosa consiste la sua redenzione e cosa ha revocato del suo passato, da quale peccato si è liberato grazie a un atto di volontà. Nella metafora, i cacciatori di cinghiali sono i lavoratori autonomi, mentre il colonialista che deve giustificare il suo operato per garantirsi il futuro ed evitare la vendetta degli autonomi, è il lavoratore con il posto fisso. Da questo meccanismo di identificazione e di revoca, proprio della confessione, nasce il piccolo miracolo adesivo del film. 
La Coscienza di Checco Zalone ha la stessa profondità di radici dell’erba del campo da calcetto sintetico, la stessa difficoltà di guida di una macchina da luna park, la sua vita coincide con la protezione dei suoi piccoli privilegi che gli servono a ottenere una vita senza sorprese. Un borghese microscopico e molecolare, che non capisce le differenze di classe perché non le ha mai viste, parla con la stessa facilità a un professorone e a un capo tribù, rivela il grado zero di tutte le cose, e per questo riesce a meravigliarsi, meravigliare e anche a farsi amare, seppure sia un personaggio detestabile, razionalmente repellente, mediocre e del tutto sprovvisto di qualsiasi strategia, idea e senso estetico che superi la pura sopravvivenza e l’ostentazione della propria condizione di micro-privilegiato. Da un lato questo mette al sicuro e in posizione giudicante chi ascolta, dall’altro lo rende disarmato, capace di rispecchiarsi in ogni gesto scorretto, volgare e razzista di Checco Zalone che è il cattivo redento della fiaba. 
Checco Zalone, Quo vado?
Provare a immaginare la coscienza di Checco Zalone è un atto rivoluzionario, perché significa aderire alla superficie di tutte le cose ritraendole più reali di come sono, elevando a stupore innocente la banalità del pregiudizio e della mancanza di distinzione fra spazi diversi, mondi distanti, cose e persone in conflitto. Riuscire a raccontare questa piattezza disperata è la grande prova superata da Checco Zalone che è il personaggio totale dell’Italia della Terza Repubblica. 
La struttura del film è impeccabile, semplice, con un doppio finale, per regalare il lieto fine alla fiaba. E come ogni fiaba che si rispetti, Quo vado? trasforma l’ansia e la paura di un impiegato di perdere i propri privilegi molecolari, nella gaia accettazione del cambiare tutto per non cambiare nulla.  
Si ride ma, se si legge in controluce, è un film serissimo, che ritrae lo stato delle cose, qui e ora con la cattiveria disperata di chi ha capito che non c’è via d’uscita da Checcozalonia, ma non ne ha ancora trasformato il grado zero in cinismo per mancanza di speranza. A Checcozalonia, la mediocrità è l’unico modo per non essere cattivi e per salvarsi la coscienza ridotta al grado zero da anni di assuefazione alla più completa mancanza di senso collettivo delle cose. 
Irene Guida

1 commento

  1. Caro Checco sono preoccupato di quanto accade.Mi sembra una situazione tridimensionale.Cioè o siamo fessi noi che non andiamo e andremo a verificare in diretta o ci dobbiamo fidare di chi scrive su queste pagine.O nella terza dimensione non sapendo come trascorrere qualche ora ci si imbuca e poi si commenta.Insomma una emerita cazzata diviene fenomeno.Come il Comunismo,il Fascismo,la DC ,l’era Berlusconiana e la Renziana.Epoche che svaniscono in attesa dell’ultima cazzata proposta.

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