18 gennaio 2016

Fino al 24.I.2016 Paloma Varga Weisz. Root of a dream Castello di Rivoli, Torino

 

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In occasione della prima mostra personale dell’artista tedesca Paloma Varga Weisz, abbiamo intervistato la curatrice Marianna Vecellio. Che ci racconta del progetto di un’artista colta, poetica che ha realizzato intense installazioni in dialogo con gli spazi non facili del Castello.
Root of a dream racchiude in sé immagini molteplici ed estremamente significative, tra cui la radice e il sogno. Il titolo cita una poesia di Paul Celan, potresti raccontarci qualcosa di questa combinazione poetica di immagini e parole?
«Root of a dream è innanzitutto una suggestione poetica, dimensione che la mostra desidera suggerire. La poesia aiuta a indicare qualcosa senza andarlo veramente a decifrare, azione analoga al concetto di perturbante e all’idea di rimozione ed esso connessa, che permea fortemente tutto il lavoro di Paloma Varga Weisz. In esso è presente qualcosa di rimosso che è sì definibile ma che rimane anche nascosto in una dimensione interpretativa. Il sogno nel lavoro di Paloma esprime la radice ma non sarà mai equivalente ad essa».
La traduzione ha in sé il desiderio utopico di arginare la scissione esistente tra due realtà diverse; nel caso di Paloma sembra essere uno strumento adatto a rappresentare l’ambiguità insita nella sua opera.
«I titoli delle sue opere sono talvolta, in lingua tedesca, talvolta in inglese. Vi sono casi in cui compaiono giochi linguistici. Ad esempio il titolo dell’opera Deux Artists, 1986, è composto da due parole: una francese e l’altra inglese, dopo averle fatto notare la stranezza, lei ha ammesso che vi fosse in origine un errore e si è dimostrata divertita a mantenerlo per sottolineare le due identità linguistiche che riconducono sia alla mancanza di identità, sia all’idea di lontananza».
Come si manifesta questo dualismo?
«La poesia e il perturbante sembrano avere una funzione simile nel lavoro di Paloma: non esistendo corrispondenza ovvia tra parola e immagine essi esprimono anche uno sfasamento temporale. In tedesco il perturbante è indicato dall’espressione Unheimliche che indica la combinazione di due parole apparentemente contraddittorie, ovvero ciò che è a noi familiare, ma anche ciò che ci è estraneo».
Paloma Varga Weis, Ohne titel (kleines fass), courtesy Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Foto Stefan Hostettler, VG Bild-Kunst, Bonn
La psicoanalisi e le teorie dell’interpretazione dei sogni sono quindi un cornice concettuale ideale che tu sembri voler sostenere compiendo la scelta di non suggerire un determinato percorso al visitatore. La fruizione è veramente aperta?
«Assolutamente si. Il percorso di mostra è aperto perché lei è innanzitutto un’artista a metà carriera quindi fare il punto in modo molto rigido sarebbe stato un errore curatoriale, ma anche perché l’apertura alle interpretazioni è connessa al modo di operare di quest’artista».
Di fronte al video Deux artists si trova Haus, 2012 che è una casa di bambole privata di qualsiasi elemento piacevole: è vuota, ha un colore vissuto ed è un modellino che pare alludere ad un immagine ideale, di cui si è però privati. Mi pare inoltre che la distanza tra interno ed esterno sia presente anche in Bois dormant, opera invece piena e caratterizzata dallo sguardo indagatore del boscaiolo sulla sessualità della donna.
«Il binomio contenitore/contenuto è molto forte nel suo lavoro, come si vede anche nell’opera Ohne Titel (Kleines Fass), 2012 che ha come oggetto una botte per il vino. Anche in Bois Dormant – Cabinet 4, 2015, che è innanzitutto un contenitore – di sogni, potremmo aggiungere noi, visto che Paloma lo intitola legno dormiente –  ci sono anche alcuni porta ampolle, dei trespolini di ferro, lasciati vuoti. Tale binomio di pieno e vuoto, ha senz’altro a che fare con la dualità maschile e femminile, ma esprime inoltre un rapporto di contrari ambivalente, analogo al perturbante, in quanto i due opposti non sono fissati nella loro forma maschile fallico e femminile/cavo; si trasformano l’uno nell’altro, cambiano sembianze, anche attraverso l’uso della mascherata». 
Il legno è un elemento ricorrente, quanto è legata alla tradizione scultorea tedesca?
«La formazione di Paloma è avvenuta in una scuola di intaglio del legno ma poi ha proseguito gli studi all’accademia d’arte di Düsseldorf in cui è stata seguita da Gerhard Merz e Tony Cragg, interessante notare infatti la frantumazione dell’identità nelle parti. L’elemento ligneo è predominante ma è anche utile per sviare una forma di leggibilità, tra cui il folklore tedesco».
In alcune opere è ricorrente la metamorfosi e la visione di forme viventi a metà tra quella umana a quella animale, è molto evidente anche in Kampfhund, 2002, un’opera molto poetica di citazione privata.
«Nell’immaginario di Paloma ricorre la figura dell’animale selvatico che vive in una dimensione di libertà totale; sia in Kampfhund, che in Hirsch, 1993, l’animale è ritratto mentre si alza sulle due zampe posteriori, elevandosi alla condizione umana. Sono figure in trasformazione. La battaglia del cane da combattimento è quella esistenziale dell’uomo e di lei che, attraverso il lavoro dell’incisione, si confronta con una prassi e il suo lavoro d’artista. Sembra che nella forma in trasformazione risieda tutta la speranza per l’uomo».
Alessandra Franetovich
Dal 27 ottobre 2015 al 24 gennaio 2016
Paloma Varga Weisz. Root of a dream
Castello di Rivoli
Piazzale Mafalda di Savoia, Rivoli (TO)
Orari: da martedì a venerdì: 10.00 – 17.00 
sabato e domenica: 10.00 – 19.00
Info: www.castellodirivoli.it 

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