02 febbraio 2016

Alda Fendi: “Voglio comprare le scatole dei Capitolini”. Provocazione e riflessione, nella nuova mostra della fondazione romana

 

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Si intitolerà Farsi l’installazione progettata da Raffaele Curi per la Fondazione Alda Fendi. Un esperimento ispirato alla vicenda delle statue dei musei Capitolini, che Fendi stigmatizza così: «Quelle scatole sono meravigliose, l’Italia si può permettere di coprire anche le statue ed è l’unico Paese a poterlo fare. E ogni volta è un parto d’arte: le scatole sono una vera installazione».
Certo, il potere della (ri)velazione è proprio il fatto che si catalizzi l’attenzione su quello che viene a mancare, e ad ingombrare di nuova presenza, come accade nei lavori di Christo o Man Ray. 
Ma non è finita, perché Fendi plaude alla “scelta” artistica che dimostra anche la vivacità e l’imprevedibilità degli italiani. Che con questo gesto hanno portato anche ad un aumento del numero di visitatori dei musei. “Un grande ritorno di immagine nel mondo per un luogo che negli ultimi decenni ha destato meno attenzione di altri centri di cultura internazionali”, si legge nell’annuncio di Farsi. Sarà stata la rabbia? Sarà stata la necessità di riprendersi un po’ il proprio Paese? 
«Qualsiasi cosa si faccia contro la sordità del mondo nei confronti della cultura va bene, anche un piccolo scandalo», aggiunge Alda Fendi che vorrebbe acquistare due delle scatole costruire per nascondere. Insomma, grazie a Rouhani abbiamo ri-scoperto il nostro tesoro? Appuntamento al Foro Traiano, ma il dibattito può continuare.

1 commento

  1. Sarebbe meglio, a mio avviso, esporre invece un curioso nudo di Raphaelle Peale “Venere che sorge dalle acque” del 1822. Il quadro si trova a Kansas City (Nelson-Atkins Museum of Art ) e riporta una tovaglia appesa, con evidenti segni di piegatura che fanno presupporre un recente dispiegamento, la cosa curiosa del quadro, dominato da un candore naturalisticamente ben riposto tra le parti in luce e in ombra, è questa: la stoffa è la per coprire un corpo. Questo casalingo occultamento, che il titolo fa diventare ancor più pruriginoso, cela una Venere che esce dal bagno. Mostrare questo quadro invece delle scatole, eviterebbe pertanto la retorica della trovata promozionale, che sollecita un’autorialità automatizzata dall’uso del “Ready Made”, la boutade sulla censura come ripetizione mediatica di un evento più che una riflessione profonda su un problema. Sarebbe, intendo, un modo per produrre un’effimera attenzione su un patrimonio affetto da cronica incuria e abbandono, ciò va bene per uno spot culturale non per un gap.

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