16 febbraio 2016

PASTICCIO IN FABBRICA. CON VAPORE

 
Un nuovo bando per la concessione degli spazi sotto campagna elettorale. Problemi tra vicini, di gestione e niente fondi. Ancora sul “tilt” della Fabbrica del Vapore

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Le cose alla Fabbrica del Vapore non vanno particolarmente bene da diverso tempo: gli spazi, se non in occasione di qualche opening, sono poco frequentati, il clima è dimesso.
Eppure, in questi giorni, alle tredici associazioni che stanziano in via Procaccini (Associazione Culturale Italiana Amici Cinema d’ESSAI (AIACE), Associazione Culturale AIEP, Accademia del Gioco Dimenticato, CAREOF, DAGAD, Ilfischio.doc, il Progetto Residenze per Artisti di Fabbrica del Vapore, MACCHINAZIONI TEATRALI, Associazione Culturale PROCESS, ONEOFF-Industreal, RAM, SHOW BIZ, STUDIO AZZURRO, Viafarini e DOCVA) sta ribollendo il sangue. Colpa della decisione del Comune (Fabbrica del Vapore, FDV, un tempo sotto “Cultura” è passata all’Assessorato Sport e Tempo Libero di Chiara Bisconti, dopo il siluramento di Stefano Boeri) di indire un nuovo bando di concorso per riassegnare gli spazi. In realtà si tratta di un termine naturale, in scadenza al 28 febbraio, dopo 10 anni di concessioni rinnovate spesso di biennio in biennio. 
Se fosse tutto qui, e se tutti fossero d’accordo, il problema non sussisterebbe. E invece pochi giorni fa l’associazione FdVLab, presieduta da Ranuccio Sodi, ente di secondo livello che ha il compito di gestire alcuni degli spazi presenti alla Fabbrica, ha lanciato l’allarme: “Il comune ci sta sfrattando”. «Non c’è nessuno sfratto, si è giunti alla scadenza dei termini – ci fanno sapere dall’Assessorato – ed è sotto gli occhi di tutti che le cose alla Fabbrica del Vapore non hanno funzionato». 
Cosa non ha funzionato? Per esempio che tra gli attori del polo creativo – definiamolo così, per comodità – non c’è stata sinergia, e in qualche modo tutti i soggetti, sia pubblici che privati, hanno lavorato autonomamente, mettendo insieme le forze solo per alcuni eventi specifici. 
Carof DOCVA

Patrizia Brusarosco, direttrice di Viafarini, ci spiega che la situazione sarebbe forse potuta essere un po’ diversa se sulla Fabbrica fosse stato messo un direttore artistico, «Ma al Comune non c’erano mai soldi, e la situazione interna avrebbe dovuto essere risolta, prima di avere una guida. Avevo provato a proporre, addirittura gratuitamente, una grande personalità – ormai un anno e mezzo fa, ma non si fece nulla». 
Già, i soldi: dal Comune, stando alle dichiarazioni di Sodi (a capo di Show Biz), del team di 54words e di Costanza Calvetti (dello studio ONEOFF), non arriva niente di niente: tra queste mura tutto è autoproduzione insomma, che paga però alle casse municipali un erario di circa 200mila l’anno in totale. Possibile? In verità dal Comune qualcosa arrivava: durante il Salone del Mobile, per esempio, per mettere in scena la manifestazione dal titolo “Posti di Vista”, ideata dalla stessa Calvetti: 40mila euro che – secondo Brusarosco – sarebbero essere potuti essere spesi pagando consulenze e curatele esterne, proposte mai accettate dall’Associazione FdVLab. Oltre ai rapporti istituzionali, in effetti, anche i rapporti tra vicini da queste parti sono piuttosto tesi, e l’annuncio dello “sgombero” a fine mese ha scoperchiato il vaso di pandora. 
«Le stesse concessioni non si possono rinnovare. Abbiamo condiviso questa questione già a luglio con gli operatori, e il bando che uscirà a breve intende dare la possibilità di usufruire degli spazi di Fabbrica del Vapore a nuovi progetti, improntati sulla creatività a 360 gradi», ci dicono ancora dall’Assessorato. Aggiungendo una questione importante: «Vogliamo trasformare lo spazio in una sede progettuale e non di soggetti, con una valutazione delle future proposte che avverrà da parte di una commissione tecnica e non politica».
Questa “condivisione”, in realtà, viene stigmatizzata da Calvetti così: «Il tavolo di lavoro aperto a luglio avrebbe dovuto comunicarci delle linee guida da seguire per le nostre attività che non sono mai arrivate, e che stiamo ancora aspettando», e Sodi continua: «Il Comune non è mai venuto una volta a vedere cosa siamo, e così anche le giunte precedenti. Nell’attesa di uno sviluppo di questo progetto, mai partito, ci sarebbe dovuto essere anche un rinnovo automatico con un ente gestore, che non è mai stato costituito».
Cosa significa? Che anni fa venne definita la possibilità di mettere a punto una fondazione partecipata tra i soggetti presenti in FDV, passata anche alla ragioneria del Comune, ma poi arenatasi. 
Anish Kapoor, Dirty Corner, nella Cattedrale di Fabbrica del Vapore

Ma non è finita, perché ci fu un altro studio di fattibilità, firmato dall’Università Bocconi (con il prof. Stefano Baia Curioni), l’ex Assessore Stefano Boeri e Fondazione Cariplo, che era disposta a versare 1,5 milioni di euro per la Fabbrica: «Non si fece altro che perdere un anno, a causa dell’andazzo interno – spiega ancora Patrizia Brusarosco, aggiungendo che anche un altro sponsor importante, procacciato da H+, società milanese che oggi è all’Ansaldo – una volta capito il grande disordine in cui versa lo stato delle cose se n’è andato». La Cariplo, dal canto suo, pare riprenderà a finanziare FDV quando le cose saranno più chiare.
E qui, però, c’è un altro punto da chiarire: l’Amministrazione Comunale, per la vita futura di FDV, si avvarrà del coordinamento artistico di Fondazione Milano (delibera del 15 gennaio scorso, in chiaro anche sul sito del Comune), l’ente che gestisce le scuole civiche di musica e teatro in città, che avrà qui anche uno spazio per attività sperimentali (che pare sarà di 2mila metriquadrati) e che promette di dare un’altra direzione di marcia alla struttura, come elencato nel documento: “Fondazione Milano si farà carico di realizzare un progetto pilota, allo scopo di sperimentare modalità operative che possano servire da modello agli altri concessionari presenti in Fabbrica, in una logica di massima condivisione e apertura nei confronti di soggetti interni ed esterni, e alla multidisciplinarietà”.
Calvetti, però, ribatte che l’Assessore Chiara Bisconti, su questo punto era stata perentoria: la Fabbrica diverrà un centro per le arti performative e dunque via architettura, design et similia. Dimenticando, forse, un po’ il ruolo di Milano in queste discipline. Ma andiamo avanti, perché questo è ancora da vedere. Quel che certamente è necessario, sia secondo il Comune, sia secondo Brusarosco e Viafarini, è che questo ricambio possa rimettere in moto un luogo d’eccellenza per la cultura milanese lasciato oggi al proprio destino. 
L’altro problemino, però, sollevato dalla testa di FdVLab Ranuccio Sodi, è che Fondazione Milano pare avrà gli spazi in comodato d’uso dal Comune, quindi gratuitamente, in barba a coloro che finora ci sono stati, hanno lavorato e pure pagato. 
La piazza della Fabbrica del Vapore durante il Salone del mobile 2013

«Ci sentiamo completamente esclusi dalle decisioni del Comune, nonostante abbiamo sempre portato un know how che senza l’operato di Fabbrica non sarebbe  stato possibile. In questo spazio ci sono società e associazioni no profit che forse non hanno coinciso per loro natura, ma invece di sgombrare tutto il tavolo ora, in piena campagna elettorale con risultati difficili da prevedere, noi abbiamo proposto che si mettessero – per ora – a bando gli spazi disponibili (più di 10mila metriquadrati) e che nel corso della prossima giunta si ridefinisca il ruolo dei 13 operatori già presenti all’interno di Fabbrica, magari ottimizzando accorpando realtà, e dandoci la possibilità di partecipare a questo nuovo progetto, o di farci traslocare con i dovuti tempi. Invece ci siamo trovati davanti ad un muro», spiegano Calvetti e Sodi. Va ricordato, anche, che i restauri degli spazi del complesso sono stati finiti, dopo oltre 10 anni, nell’autunno 2014 e che attualmente – sempre in virtù di attrarre pubblico – il bar funziona solamente con appalto temporaneo, in presenza di mostre alla Cattedrale, e che manca ancora il famoso ristorante: entrambi dovrebbero arrivare con le famigerate nuove disposizioni. 
Fabbrica del Vapore

Per chiudere va detto che mentre alcune parti di questa storia invocano un vero cambiamento e altri vorrebbero una seconda chance, se così si può dire, c’è un punto che accomuna tutte le voci: quello di vedere FDV come un centro culturale che possa proporsi come organo di integrazione tra la fine della carriera scolastica e l’inizio del percorso di lavoro dei giovani arrivati dalle scuole creative d’Italia (e anche d’Europa, magari), cosa che ha fatto anche in passato (vedi il premio Academy Awards).  Arti performative, visive, design, video o comunicazione che siano, FDV avrebbe dovuto essere un “collegamento” unico tra questi mondi. 
Difficile davvero capire che cosa sia andato storto: certo è che mettere insieme realtà con finalità differenti non aiuta a mettere in piedi un piano d’azione comune, ma questo avrebbe dovuto essere ben chiaro fin dal principio, e invece si è fatto un bel calderone. La mancanza di una guida “ufficiale” e di fondi poi ha fatto il resto, e il risultato è la fotografia sfuocata che attualmente vediamo.
Ma perché, appunto, decidere tutto sotto campagna elettorale, con il rischio che le cose si complichino ancora di più, e che tra qualche mese la nuova giunta decida di cambiare di nuovo le carte in tavola? 
Dulcis in fundo, da qualche giorno, il sito ufficiale della Fabbrica del Vapore gestito dal Comune di Milano è oscurato. E nessuna comunicazione è stata data in merito. Titanic programmato? Aggiornamenti in corso.

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