07 marzo 2016

Fino all’8.III.2016 Marisa Albanese, Sentieri di mani Istituto Centrale per la Grafica, Roma

 

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Si fa presto a “mettere i sogni in un cassetto ma se poi si trasloca” bisognerebbe portarsi dietro quel cassetto o almeno quei sogni. Il lavoro di Marisa Albanese a Palazzo Poli, uno dei più bei omaggi al tema dei flussi migratori (insieme a “Onda di sangue” da Fabio Sargentini e all’opera “Lampedusa” al MAXXI) riconsidera, in modo chiaro, lucido, drammaticamente attuale la percezione del viaggio, dei luoghi e dell’appartenenza a essi. 
Il proliferare di immagini, foto, video sulle tragedie del Mare Nostrum che hanno subissato web, tv e giornali negli ultimi mesi sono del tutto assenti, invisibili; ma proprio per questo più potenti, sottili. 
C’è soltanto sale marino, un “compasso” senza senso, un nido di uccelli migratori spauriti e una fila di altalene vuote che aspettano di essere mosse. Il mare, quella distesa di bellezza sconfinata, simbolo eterno di libertà, Marisa lo percepisce come una lastra di sale, definita, circoscritta, chiusa in una forma di cerchio. È l’immagine dell’infinito rinchiuso dentro a una circonferenza gelida. 
Marisa Albanese, Cosa ferma le altalene
La prima opera infatti si titola Mare chiuso, e vede un compasso incidere un segno preciso sulla superficie brillante di sale marino. Cosa vuole dire? È un segnale di pericolo? Un divieto all’attraversamento? 
Nella seconda sala l’opera Cosa ferma le altalene è una fluttuante e poetica metafora del gioco e dell’infanzia. Il loro movimento col peso di impercettibili calamite traccia un segno su piastre vitree ma è talmente labile, mutevole e ciononostante inarrestabile. Insopprimibile esattamente come chi va in cerca di portare in salvo la propria vita. In donazione all’Istituto della Grafica, l’artista ha lasciato un video grafico: dopo un tremblement de terre, un nido cade e viene portato via. Senza un posto da abitare, senza la cura dei propri cari, senza riferimenti sicuri, né ricordi, la giostra continua la sua corsa. E se quel nido rappresenta un cassetto pieno di sogni? Dove vanno a finire? Per la mostra di Marisa Albanese, intensa e minimale, leggera e luminosa, sembra quasi di sentir parlare Sartre e di sentire il suo pensiero rovesciato: “l’uomo, la donna sono costretti a essere liberi” e a spostarsi di continuo… Ma di quale libertà si tratta, di quale viaggio?
Anna de Fazio Siciliano
Mostra visitata il 20 febbraio
Dal 23 gennaio all’8 marzo 2016
Marisa Albanese, Sentieri di mani
Istituto Centrale per la Grafica,
Palazzo Poli
via della Stamperia, 6, Roma
Orari: dal martedì alla domenica ore 10,00 -19,00 

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