14 marzo 2016

VISIONI E PROSPETTIVE

 
di Benedetta Carpi de Resmini Ma quanto fa bene l’arte allo sport! E viceversa. Non ci credete? Sentite cosa dice Diego Nepi Molineris, che è riuscito a portare l’arte dentro i templi sportivi

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Diego Nepi Molineris ci racconta come due mondi apparentemente distanti quali l’arte e lo sport  possano dialogare. Da più di dieci anni è al CONI, prima come Direttore di CONI Servizi e adesso come Direttore della Comunicazione. Oltre ad aver valorizzato l’intera zona del Foro Italico riportandola agli antichi splendori, ha introdotto l’arte contemporanea negli eventi sportivi. Ci facciamo raccontare come è nata quest’ultima avventura 
Qual è stata la sua strategia al CONI e cosa pensa si debba ancora fare per lo sport in Italia?
«In questi anni si è cercato di vivificare all’interno della nostra società l’aspetto culturale delle pratiche agonistiche: a partire dalla scuola per arrivare ad accompagnare la vita di ogni individuo. Tengo a ricordare come l’Italia vanti di essere nello sport tra i primi dieci Paesi a livello mondiale. È importante che la cultura sportiva, che è fatta di sacrificio, sia comunicata in maniera orizzontale nella società. Lo sport ha un potenziale comunicativo che lega tutti senza distinzioni di censo: è passione, impegno, partecipazione e coinvolgimento. Quello che cerca di fare il CONI è di canalizzare bene le potenzialità dello sport per innescare dei processi virtuosi. Quello che siamo riusciti a realizzare con Giovanni Malagò in questi ultimi due anni è di portare al centro di tutti gli interessi l’atleta e l’individuo. Cominciando dalle scuole e dalle strutture scolastiche e cominciando dai bambini, per esempio aumentando banalmente il numero di ore di educazione fisica nelle scuole. Puntiamo sui ragazzi che sono il futuro della nostra società».  
CONI, 2016
All’estero l’educazione fisica  è una disciplina curriculare a cui si dedica una enorme importanza per sviluppare le capacità motorie, lo sviluppo fisico e le abitudini alimentari. In Italia, nella scuola primaria, è una disciplina che viene svolta dall’insegnante di Italiano oppure è a pagamento. Che strategia dovrebbe adottare il Ministero della Pubblica Istruzione per creare una vera cultura della formazione e come potrebbe aiutare il CONI a veicolare dei fondi verso le scuole?
«Intendiamo impostare per quanto è possibile un dialogo con il Ministero della pubblica istruzione. Il presidente Malagò ha aperto un tavolo con il MIUR che riguarda proprio scuola e sport, sta lavorando per trovare finanziamenti privati per riqualificare gli impianti di edifici scolastici e sta investendo proprio sulle risorse umane implementando il numero di insegnanti che formano i ragazzi fin dall’infanzia. Con le nostre risorse non possiamo sostituirci allo Stato, ma possiamo cercare di veicolare dei fondi privati per migliorare le vecchie impiantistiche scolastiche. Attivando inoltre delle partnership con un istituto bancario, cerchiamo di innescare dei processi virtuosi per poter fornire tariffe agevolate per avvicinare sempre più i giovani allo sport. Il CONI sta anche cercando di riattivare i vecchi giochi della gioventù in chiave 2.0 e stanno nascendo centri sportivi regionali per produrre formazione sportiva ed emersione dei giovani talenti. Ultimamente stiamo lavorando a delle nuove start-up con delle società sportive per arrivare a una visione sempre più vicina alle famiglie. Ritengo si debba partire dalle fondamenta per rigenerare un terreno fertile nell’ambito della cultura dello sport, anche per riuscire a tenere il passo con i Paesi anglosassoni. I risultati ovviamente si vedranno nel medio/lungo termine».
Com’è nato il progetto di riqualificazione degli impianti sportivi e il parco del Foro Italico? E qual è stata la sua più grande soddisfazione?
«Era importante valorizzare in primis l’aspetto architettonico e paesaggistico del Foro Italico, cercando di riportare agli antichi splendori quel complesso sportivo e educativo concepito da Del Debbio alla fine degli anni Venti, rimuovendo le numerose le alterazioni apportate in anni anche relativamente recenti. Ad esempio nella casa delle Armi, trasformata agli inizi degli anni Ottanta in Aula Bunker per processi di alta sicurezza, siamo riusciti a togliere tutte quelle recinzioni che avevano chiuso completamente quello che doveva essere un ambiente per accogliere i giovani sportivi e che mal rappresentavano una disciplina come lo sport, considerato un mezzo di trasmissione di valori universali, come la libertà, la socializzazione e il rispetto. Molti erano allarmati per paura di vandalismi e di sicurezza per il Foro Italico, mentre io parto dal concetto che l’ordine richiama l’ordine: abbiamo quindi tenuto tutto aperto, continuando a mantenere le aiuole e gli spazi comuni». 
CONI, 2016
L’arte ha sempre guardato con grande fascinazione allo sport. Ne ha celebrato i valori, cercando di cogliere la psicologia dei suoi protagonisti, oltre che il corpo degli atleti, dal celebre Discobolo di Mirone fino al Dinamismo di un ciclista di Boccioni. Da appassionato d’arte e da sportivo come si sta evolvendo il rapporto tra arte e sport negli ultimi anni?
«Quando ricorreva l’anniversario dei 100 anni del CONI, ormai quasi tre anni fa, dovevamo trasmettere attraverso una serie di eventi i valori che questa istituzione è riuscita a tramandare di generazione in generazione. Attraverso l’arte siamo riusciti a trasmettere la storia del Comitato Olimpico e dello sport. L’arte ha cercato di tradurre la perfezione apollinea dei corpi degli atleti, la bellezza dei corpi in tensione, o la velocità dei corpi spinti in avanti: le prime manifestazioni olimpiche in Grecia erano un connubio tra arte e sport. La mostra di Titina Maselli, curata da Bartolomeo Pietromarchi, che siamo riusciti a realizzare all’interno della Casa delle Armi, finalmente ritornata al suo antico splendore, ha tradotto proprio quello che volevamo celebrare. Quello che invece siamo riusciti a realizzare in questi ultimi anni è stata una vera sfida: portare l’arte all’interno delle manifestazioni sportive. Quindi, non è più l’arte che imita lo sport, ma è lo sport che viene ispirato dall’arte. Quello di cui sono orgoglioso è di essere riuscito a far apprezzare l’arte tanto quanto l’evento sportivo. Entrambi sono linguaggi ed espressioni universali. L’uomo fa sport proprio con le stesse motivazioni per cui crea arte: per esplorare se stesso e dare una motivazione alla propria esistenza. La provocazione di arte e sport è di gran lunga la “partita” più bella che abbia visto in tanti anni di dirigenza al CONI. Il Foro Italico pur essendo un non luogo rispetto all’arte, rappresenta un ambiente prolifico per l’arte, perché si riescono ad attivare delle dinamiche diverse rispetto alla canonica visita di una mostra all’interno di uno spazio espositivo». 
E pensa che l’arte possa aiutare lo sport? 
«Lo spettatore  acquisisce un valore in più, che lo induce a riflettere, più di quanto non avvenga in un luogo deputato. Quindi quella  libertà di emozioni che provoca un evento sportivo non si perde ma viene indotta, da altri stimoli, in un processo prolifico di pensieri».
CONI, 2016
Com’è nata la collaborazione con la Galleria Ex-Elettrofonica di Roma. Ci può raccontare meglio da dove nasce  il progetto Twiner, che unisce arte, natura e sport? 
«Nasce proprio da questa esigenza che descrivevo prima: introdurre l’arte in un evento sportivo. Le Lounges del Corporate Hospitality durante gli Internazionali BNL d’Italia sono state trasformate da semplici sale per accogliere il visitatore, in un’occasione di incontro tra arte e sport. L’intento era realizzare una mostra che potesse esprimere nella maniera più efficace il mio pensiero, inserendo opere adeguate e che fossero selezionate da gallerie che sono del settore dell’arte contemporanea, valorizzando al massimo l’arte e lo sport. Da questo nasce un rapporto prolifico con Beatrice Bertini, la quale in una cena criticò la mia scelta di realizzare delle mostre con artisti storici che non avessero un profondo legame con lo sport. In seguito mi ha invitato a stabilire un legame più profondo tra giovani artisti e lo sport che è praticato da giovani. Questa critica iniziale mi ha portato a riflettere come fosse essenziale unire questi universi e non cercare di adottare un linguaggio in linea con le aspettative del pubblico sportivo. Per arrivare a creare un dialogo vero e profondo si dovevano rompere gli schemi. Così ci siamo riusciti! Si è attivato un piano congiunto che ci porterà fino a RIO 2016, con un progetto pensato per Casa Italia e per le Olimpiadi. Con Beatrice Bertini siamo riusciti a costruire una vera e propria squadra creando un progetto di marketing integrato. Per RIO 2016 abbiamo attivato un grande team costituito da architetti, ingegneri, designer, artisti, esperti di arte contemporanea e molte altre professionalità e questo è uno degli aspetti più positivi di tutta quest’operazione. Tutto diventerà anche digital, allargando la piattaforma per coloro che non potranno essere con noi a Rio de Janeiro. Con questo evento ci sia appropria dell’arte per la sua funzione primaria, stigmatizzando in un’immagine, in un’opera, una complessità di valori che fanno parte del nostro quotidiano. E stiamo portando avanti anche il valore dell’Italia contemporanea su un piano internazionale senza nasconderci dietro i nostri progenitori riconosciuti nel mondo, da Michelangelo e Leonardo da Vinci. Il nostro passato rappresenta le fondamenta a cui sicuramente siamo debitori, ma è con la contemporaneità che dobbiamo proiettare il nostro Paese nel futuro, soprattutto in una dimensione mondiale come le Olimpiadi. Da qui che nasce il titolo Horizontal, per veicolare senza gerarchie e in maniera trasversale quei valori, senza che possano essere manipolati o distorti».
CONI, 2016
A latere di questo pensiero, che  certamente è condivisibile, ci sono degli aspetti che rendono il mondo dello sport, non così sano. La Russia rischia di essere esclusa dalle prossime olimpiadi, causa doping, che ne pensa? 
«Certamente nello sport esiste anche questo, ma come in tutte le società, ad esempio Vatileaks per non citare quello che accade quotidianamente in politica! Purtroppo come l’arte e la cultura possono essere trasversali in senso positivo,  anche queste deformazioni nello sport esistono e  dobbiamo cercare di contrastarle il più possibile. Sono altresì convinto che lo sport per sua stessa natura riesce a soverchiare queste storture e deformazioni della società contemporanea. Non potrei continuare a lavorare con passione per oltre 10 anni per una società come il CONI se non credessi fermamente nella filosofia che discende dagli antichi greci: all’interconnessione tra l’anima e il corpo per arrivare all’armonia generale».
Recentemente Il filosofo Redeker  ha scritto: “Prosperando sulla morte della cultura, lo sport modella un prototipo di uomo funzionale al capitalismo della globalizzazione tecnologica e dei mercati, che postula la depoliticizzazione dell’umano”. Il tifoso si è sostituito al cittadino? 
«Anche qui ribadisco che esistono due livelli…e penso che esista ancora un tifo positivo e possa essere portato a modello per coloro che vorrebbero legare lo sport esclusivamente al tifo violento. È fondamentale continuare a proporre una “cultura della sportività” nelle giovani generazioni attraverso una serie di azioni educative volte alla prevenzione del tifo violento».
Il Calcio alle Olimpiadi è una storia d’amore contrastata e, spesso, non corrisposta. La più grande manifestazione mondiale dello sport e lo sport più praticato nel mondo, faticano ad andare d’accordo. Ritiene che il calcio sia una disciplina troppo distante dalle altre discipline olimpiche?
«Io ritengo che il binomio calcio e olimpiadi sia un binomio che funziona. Peccato solo che l’Italia non si sia qualificata».
Da appassionato d’arte c’è un’artista italiano al quale si sente particolarmente legato o a cui deve la sua apertura all’arte contemporanea? 
«Non c’è un artista al quale mi sento particolarmente legato, ma ritengo che l’arte debba emozionare come lo sport! Mi auspico di riuscire a valorizzare l’arte e i musei italiani attraverso lo sport: per esempio recentemente si è pensato di svolgere una maratona che percorresse alcuni musei, per mostrare quanto lo sport e l’arte possano essere portatrici degli stessi valori».
Benedetta Carpi De Resmini

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