12 aprile 2016

“Il catalogo è questo”

 
Un excursus sul meglio della settimana dell’arte appena finita. Tra immagini già passate e altre che superano il guado dei sette giorni. In una Milano brillante come non mai

di

Miart è finita e le conquiste a Milano son già mille e tre! Ma non saranno transitorie come quelle di Don Giovanni.
“Il catalogo è questo”.
Massimo De Carlo e Rudolf Stingel a Palazzo Belgioioso. Un enorme tappeto rosso –viola copre perfettamente l’intero pavimento di tutte le stanze. Sprofondato tra i fili appare un disegno che allude ai tappeti persiani, un unico quadro con coinvolgenti strati di colore richiama la cromia del pavimento. Tutto è illuminato da meravigliosi lampadari che lambiscono stucchi e decorazioni del palazzo del Piermarini, fine ‘700. Una galleria perfetta e un’impeccabile proposta di ricerca contemporanea. Milano conquista un privilegio.
“L’inarchiviabile” e Frigoriferi Milanesi. Una grande mostra – curata con puntigliosa bellezza da Marco Scotini in collaborazione con Lorenzo Paini –  segna la nascita di FM – Centro d’arte contemporanea, in via Piranesi. Conquista una stella nella mappa di Milano. Gli anni ’70 italiani non sono archiviabili perché tuttora intaccano la percezione culturale, politica. Una stazione dove arrivano anche gallerie private permanenti, come Laura Bulian o temporanee, come Gallery Monitor (Roma), P420 (Bologna), SpazioA (Pistoia).
Sarah Lucas e Trussardi. La mitica rovina dell’Albergo Diurno, opera dei primi anni ’20 di Piero Portaluppi, ospita,  grazie alla collaborazione del Fai e Comune di Milano, la campionatura di fisicità messa in opera da una Sarah Lucas turbante e dolce. Di scena sono le incertezze, i turbamenti, gli imbarazzi nel prendersi cura del corpo e l’intimità che ha bisogno di ricovero. Così, insieme a Massimiliano Gioni e Vincenzo de Bellis, Milano ha conquistato per qualche giorno la possibilità di pensare al corpo di chi non ha casa stabile.
Paolo Gioli, Autoanatomie (Self-Anatomies), 1987, Polaroid su seta serigrafica cm 34×27- su carta da disegno, cm 50×60
Paolo Gioli e Peep Hole. Grande sorpresa della visionarietà della fotografia che vira dentro la pittura e viceversa. Una mostra che racconta una vita e una relazione totale con un mecenate, Paolo Vampa. Il fulminante incontro con Paolo Gioli ha modificato la sua stessa vita. Una relazione “pericolosa”, che nel contemporaneo si ripete con uno, nessuno, centomila. 
Goldi e Chiari e Grimaldi Studio Legale. Enigmatici e astratti paesaggi, avvolti da fumi iridescenti stampati su specchi, conquistano una risposta indipendente agli specchi di Pistoletto. Basta spostare gli occhi, far spazio a qualcuno, cogliere il riflesso del sole che entra nella stanza, e i colori si muovono, la densità sfuma, la superficie si anima. Come davanti al cielo. Non serve riflettersi, l’interazione è interna.
Gabriella Ciancimino e Prometeo Gallery. Carte che si sovrappongono a matite, acquerelli, fiori inventati ed erbacce naturali in estinzione. Un grande muro raccoglie l’immaginazione della resistenza politica e culturale di donne, uomini e piante. La difesa dell’ambiente si espande ai fiori di libertà, cresciuti nella figurazione liberty siciliana, a quelli dell’Adonis Annua, un’erbaccia dell’area mediterranea. Una lotta per conquistare il sentimento dell’origine e le sue contraddizioni.
Tomaso Binga e Ciocca Arte Contemporanea. Dagli anni ’70 arriva Tomaso Binga, pseudonimo di Bianca Pucciarelli, con “Carta da parato quarantanni dopo”, a cura di Raffaella Perna. È proprio così, ci sono voluti più o meno quarantanni perché anche in Italia si parlasse di arte e femminismo. La grande presenza di donne artiste ha rotto la barriera e Tomaso Binga ripropone con ironia quieta e decisa le carte da parati con le quali si era confezionata un vestito, che sarcasticamente segnalava l’invisibilità di una donna, tanto da confondersi con le pareti di casa. Anche questa è una buona conquista.
Rudolf Stingel, Installation views Massimo De Carlo, Milano 2016 ROBERTO MAROSSI, COURTESY MASSIMO DE CARLO, MILAN/LONDON/HONG KONG
Nico Vascellari e Casa Bonacossa. Una coinvolgente e affettuosa installazione nel giardino di casa Bonacossa, a cura di Paola Clerico. Piccole fusioni in bronzo di uccellini e altri animali trovati morti nei boschi sono disposte attorno a un albero, illuminato da lampade di casa. Tutto nasce dal cane di Nico, cremato dopo la morte. Anche questi anonimi animali hanno subito un processo analogo attraverso la fusione e ora s’intravedono tra l’erba e le radici. La sera dell’inaugurazione un cane di amici si è disteso accanto a questi piccoli monumenti funebri. Una fantastica visione dell’empatia con i nostri compagni di pianeta.
Women in italian design e la Triennale. Silvana Annichiarico mette insieme alcune artiste e molte donne designer. E’ “l’altra metà del design”. Come dichiara Annichiarico, una specie di fiume scorre tra basi e campane di vetro protettive facendo emergere dal Carso della disattenzione nomi e opere. Particolarmente efficaci i primi decenni del secolo; dagli anni ‘80/’90 anche nel design le donne sono state riconosciute e le loro firme bene in vista. A me non è dispiaciuto questo sovraffollamento, perché il magma della creazione e della manualità che ogni oggetto chiede e offre è sempre uno sprofondamento tra ricordo e smemoratezza.
Linda Fregni Nagler e Acacia – Museo del Novecento. Una bella occasione per rivedere le fotografie rimesse in vita da Linda di un giovane uomo che da un cornicione di New York negli anni 50 si sporge verso il suicidio. Si sente il clamore della notizia, non si riescono a intrecciare gli occhi con lui, perché le foto giornalistiche, fortemente ritoccate, li sposta in una dimensione a noi preclusa. 
Fa da pendant la ricostruzione di uno dei modellini volanti di Nadar che proiettando a terra l’ombra di queste ali /pale evoca il sogno del volo.
Linda Fregni Nagler e Acacia – Museo del Novecento
Massimo Bartolini e Massimo De Carlo. Tra i due Massimi c’è un dialogo allenato che dà buoni frutti e un cambiamento. Quattro dipinti in colori acrilici raccontano le montagne incantate di Bartolini. S’innalzano tra gli esterni di alcune architetture museali di Philadelfia. Si amalgamano in un’utopia spaziale, che percepiamo quando sentiamo vibrare l’aria e l’ombra che avvolge le montagne fisiche e mentali che vorremmo conquistare. 
Last but not least il magnifico William Kentridge e Lia Rumma. K. supera se stesso con la proiezione su più schermi e con disegni su carta, su arazzi e sagomati su ferro. Conquista tutti. Lo aspettiamo il 21 aprile sul Tevere e vi racconteremo la processione da Milano a Roma.
Francesca Pasini

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