26 aprile 2016

Benvenuti nel mondo di Carsten Höller

 
La grande mostra ospitata all’HangarBicocca solleva un dubbio: siamo spettatori interattivi o cavie da laboratorio nella Ludoland dell’artista demiurgo dell'intrattenimento spettacolare?

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“Dubito di divertirmi ergo sum”, verrebbe da pensare passeggiando lungo le maestose navate del Pirelli HangarBicocca a Milano, zigzagando tra un labirinto buio inquietante, le installazioni formato extralarge psichedeliche, giostre-sculture fluttuanti, un labirinto di specchi, video, fotografie, oltre 20 opere storiche che puntano sulla interattività, il coinvolgimento giocoso del pubblico e soprattutto sugli effetti ipnotici ed estranianti. 
Questi sono gli ingredienti delle sperimentazioni estreme e scenografiche di Carsten Höller (Bruxelles 1961) nell’ambito della mostra monografica a cura di Vincente Todolì (fino al 31 luglio). “Doubt” in italiano dubbio, è il titolo della mostra dell’artista belga che vive e lavora fra Stoccolma e Biriwa, in Ghana, l’autore del discusso scivolo di vetro di 40 metri, simile a quello di un parco dei divertimenti acquatici esposto alla Tate Modern di Londra e al New Museum di New York nel 2007, che invita lo spettatore a tuffarsi dentro il museo. Höller aveva già esposto a Milano alla Fondazione Prada di via Fogazzaro (2000) e anche all’HangarBicocca non smentisce se stesso, invitando lo spettatore a diventare parte attiva dell’opera, ci costringe a una scelta, possiamo entrare o no nei suoi tunnel, sederci sui seggiolini della giostra-torre  Calci in culo (sì, si chiama così) oppure contemplarli e guardare gli altri che partecipano al gioco?
Qui dovremmo lasciare ogni certezza per aprici a nuove esperienze surreali, spaesanti, con opere concepite come macchine sceniche luminescenti, create per distogliere lo spettatore dalla dimensione della quotidianità.  E Höller ci riesce!
Carsten Holler, Decision corridors, (2015) galvanized steel, steel scaffolding; two parts, each length ca. 7500 cm
L’arte contemplativa, “retinica” direbbe Duchamp, non basta più a se stessa, già dalla seconda metà del Novecento. Nell’ambito delle avanguardie artistiche con gli happenings lo spettatore diventa parte attiva dell’opera, il verbo è: condividere, relazionarsi con l’opera e lo spazio. Ma dagli anni Zero non basta partecipare, dovremmo anche divertirci, provare sensazioni forti, come sulle montagne russe, condividere un senso ludico che naturalmente non tutti i fruitori provano. 
Il gioco, più che l’estasi polisensoriale e la dislocazione percettiva, è alla base della ricerca d’impatto scenografico di Höller, sfidando lo spettatore a superare piccole fobie, come quella di volare o del buio con istallazioni ambientali da luna park che ci sottopongono a test per indagare le reazioni umane di fronte all’insolito, all’insegna, come dice l’artista, di “un intrattenimento radicale”. Höller ha studiato fitopatologia, le malattie provocate dai parassiti, con un dottorato in scienza dell’agricoltura e una specializzazione in ecologia chimica, con una tesi sulla comunicazione olfattiva tra gli insetti e poi si è dedicato all’arte. È interessato alle deviazioni fisiche, le reazioni del corpo, a causa ed effetto di stimoli forti, alle condizioni di mutamento dello spazio, in particolare alla partecipazione sensoriale del visitatore. 
Carsten Holler, Doubt, vista della mostra, Hangar Bicocca 2016
L’obiettivo è esplorare le modalità di alterazione, l’incertezza, l’estensione della percezione in bilico tra realtà e surrealtà. L’intento ludico è suggerito anche dal titolo delle opere esposte da baraccopoli dei divertimenti come Decision Corridors (2015), con duplice entrata nel sentiero espositivo, e la scelta è dello spettatore invitato a percorrere un lungo corridoio al buio – qui c’è chi aumenta il passo, altri ridono, qualcuno accende il cellulare per fare luce – ma tutti sono immersi in uno spazio claustrofobico e condividono con altri un senso di devianza prodotta dall’opera. Anche Flying Mushroom (2015), una grande installazione composta da sette giganteschi funghi Amanita muscaria, utilizzati nei rituali sciamanici, per accedere a sensazioni sconosciute, tagliati a metà longitudinalmente e riassemblati dall’artista in modo che una delle due parti risulti capovolta. Sembra un mobile capovolto, un giocoso sottosopra provocato dall’assunzione di questo fungo allucinogeno, come metafora di un’arte evasiva estraniante. Con il suo dottorato in fitopatologia Höller sa che i funghi più colorati e più attraenti sono anche i più tossici.
Duoble neon Elevator (2016), è composta da tubi al neon di colore verde che nella visione d’insieme ci appare come una parete luminosa. I neon si accendono e spengono, creando un effetto visivo di ascesa da un lato e discesa dall’altro, e qui ci sembra di trovarci su un ascensore, dove il movimento è solo simulato. Two Flying Machines (2015), due macchine simili a un parapendio e una motocicletta insieme offrono allo spettatore la possibilità di provare l’ebrezza del volo e chi soffre di vertigini sfida se stesso, chi non ha questo problema si diverte e guarda gli altri dall’alto, mentre è sospeso per aria come un salame, e da sotto il pubblico sorride. Double Carousel (2011), comprende due giostre che ruotano lentamente in senso opposto, è l’opera icona di Höller, esposta al MACRO a Roma nel 2011. 
Carsten Holler, Two roaming beds (grey), (2015) painted steel, electric motors, nylon, rubber tyres, electronics, led lamp, acrylic glass, phone chargers, mattresses, linen, ink, pens two parts: ca. 130 x 210 x 100 cm each; speed: 0.7 metres per min
Questi “ready made”, decontestualizzati, da provare, spiazzanti perché sono privati della loro funzione ludica, non divertono, non ruotano veloci e ci annoiano, ma proprio questo senso di noia è l’obiettivo evocato dall’artista. Milan Swinging Corridor (2016), è una struttura sospesa a pochi millimetri da terra che accompagna il visitatore dalla luce all’oscurità e comprende una serie di installazioni che l’artista ha realizzato nel 2004, create per percepire la posizione del proprio corpo nello spazio. Fate attenzione perché l’impercettibile movimento del soffitto e delle pareti mette alla prova il senso del vostro equilibrio. Arrivati in fondo al percorso espositivo, con o senza mal di testa e un poco frastornati, entrerete nel Cubo di Pirelli Hangar Bicocca: dal divertimento si passa a una leggera inquietudine e per qualcuno disagio, dove c’è Two Roaming Beds (Grey) un ambiente non troppo divertente, tipo camera mortuaria con letti che si muovono nello spazio di notte, realizzato nello scorso anno.
Höller invita i visitatori a dormire da soli senza assistenti nella piccola Tate Modern milanese. Con colazione kit di benvenuto, due letti singoli, radiocomandati attraverso un algoritmo e un segnale GPS, si spostano con un movimento continuo e circolare, così per tutta la notte sarete cullati e vi addormenterete e risveglierete in due punti diversi dello spazio, il tutto alla modica cifra di 500 euro. A New York e a Londra l’esperimento di Höller ha fatto il tutto esaurito.
Per l’occasione sono stati creati dei dentifrici speciali colorati, che favoriscono un’esperienza onirica più intensa e permettono di ricordare meglio i propri sogni,in bilico tra lo stato di veglia e il sogno, e chissà forse per qualcuno un incubo? Allo spettatore, o prossima cavia da laboratorio come forse qualcuno potrebbe sentirsi, spetta l’ultima sentenza.  
Jacqueline Ceresoli

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