27 aprile 2016

Fino al 7.V.2016 Gabriele Basilico, Hema Upadhyay, Michelangelo Pistoletto Studio la Città, Verona

 

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Doppio appuntamento a Studio la Città con Gabriele Basilico e Hema Upadhyay. Più un bonus: un’istallazione di Michelangelo Pistoletto nell’area Video Room.
Fino al 7 maggio la Cattedrale Ovest della galleria veronese ospita “IRAN 1970 – Basilico prima di Basilico”, 29 fotografie vintage stampate ai sali d’argento dall’artista tesso, mai vendute né ristampate, e quindi un unicum di inestimabile valore.
La mostra è curata da Giovanna Calvenzi, che con Basilico aveva intrapreso quel viaggio, a bordo di una Fiat 124, alla scoperta dell’Iran, ma soprattutto alla scoperta di quello che sarebbe diventato uno dei maestri della fotografia contemporanea. All’epoca appena ventiseienne Gabriele Basilico non era che uno studente di architettura partito per un’avventura con un gruppo di amici, armato di due macchine fotografiche e animato da un progetto: realizzare un reportage da proporre poi a qualche giornale. Non sapeva ancora che appena tre anni dopo, conseguita la laurea, si sarebbe dedicato interamente e per sempre alla fotografia, né tanto meno che sarebbe divenuto un artista noto in ambito internazionale. Ma negli scatti presenti in mostra già si ravvisano in nuce gli elementi costituenti il DNA di Basilico così come lo conosciamo oggi: lo sguardo antropologico, capace di cogliere non solo gli stati d’animo dei suoi soggetti, ma l’essenza della vita di un luogo, e il taglio sul paesaggio sempre attento alla composizione, esemplificato dal fascino che riesce a conferire alle geometrie del costruito. Già in questi primi lavori la vita e lo spazio architettonico si alternano e si fondono nella sua ricerca, compendiati dal tema del viaggio, lo strumento prediletto del suo operare. Occasione di approfondimento è sicuramente il video che accompagna la mostra (in Drawing Room), un lungo documentario del regista Giampiero D’Angeli, in cui Basilico parla in prima persona di sé e dei suoi principali progetti. Ne emergono il suo inesausto esercizio contemplativo, la sua apertura al mondo e al paesaggio, nel tentativo di introiettarne le mozioni più segrete in un’ideale scambio di energia tra il proprio sguardo e l’oggetto della contemplazione; l’innamoramento per le periferie industriali e la fascinazione per i mutamenti in atto nelle metropoli; il continuo mettersi alla prova davanti a nuove sfide.
Omaggio a Hema Upadhyay - Where the bees suck, there suck I, vista della mostra
In un brusco ma azzeccatissimo passaggio dal bianco e nero a una cromia sfrenata, passiamo alla Cattedrale est e alla mostra “Omaggio a Hema Upadhayay – Where the bees suck, there suck I”, aperta fino al 18 maggio. La sala è letteralmente invasa dalla famosa installazione: una benna sovrastante una miriade di baracche multicolore in miniatura, compendio della ricerca dell’artista indiana sulle problematiche di sovraffollamento e di inurbamento, nonché denuncia della minaccia politica ed economica che, come il braccio della ruspa, sovrasta i più deboli. L’utilizzo di materiali e linguaggi eterogenei sono la cifra del suo operare, così come l’espediente di camuffare concept complessi e problematici con una veste esteticamente piacevole e qualificante. In mostra anche alcuni pezzi della serie The princess rusted belt, uccellini fatti a mano in terracotta, carta e legno che stringono nel becco messaggi, tutti da decifrare, sul significato della libertà e il valore della perdita. A pochi mesi dalla sua tragica scomparsa Studio la Città rende omaggio a Hema, “la principessa indiana”, per citare il lavoro di Michele Alberto Sereni, le cui fotografie, disposte a nastro lungo un’intera parete, documentano il lavoro dell’artista durante la creazione delle sue installazioni più famose. 
Dall’Iran di Basilico all’India di Hema fino a Il tavolo – Divisione moltiplicazione, l’opera di Michelangelo Pistoletto che campeggia nell’area Video Room. Apparentemente nessun legame la connette alle due mostre in corso, ma forse è proprio qui che possiamo trovare un punto di incontro e di sintesi tra le fotografie di Basilico e le installazioni della Upadhayay: lo specchio, ambiguamente usato da Pistoletto come strumento di divisione e contemporaneamente come dispositivo per moltiplicare lo spazio e i soggetti, richiama sia la ricerca di Basilico sullo spazio come luogo di sintesi di un’essenza e moltiplicazione delle esistenze, sia il lavoro di Hema ambiguamente in bilico tra una piacevolezza di superficie e una infinita complessità dei significati.
Jessica Bianchera
mostre visitate il 9 marzo
Dal 5 marzo al 7 maggio 2016
IRAN 1970 – Basilico prima di Basilico 
fino al 18 maggio
Omaggio a Hema Upadhayay – Where the bees suck, there suck I
Studio la Città
Lungadige Galtarossa, 21
37133 Verona
Orario: da martedì a sabato, ore 9.00-13.00 e 15.00-19.00 
Info: +39 045 597549, www.studiolacittà.it


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