29 aprile 2016

Parco Eternot. A Casale Monferrato un intervento annuale, ideato da Gea Casolaro, fa rinascere la vita con un vivaio di “Alberi dei fazzoletti”

 

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A partecipare sono stati Nico Angiuli e Fabrizio Bellomo, Gea Casolaro, Luigi Coppola, il collettivo Fare Ala e Luca Vitone. Erano tutti a Casale Monferrato, per il bando di concorso indetto dal Comune, dedicato al Parco Eternot, area della città dove sono sepolte migliaia di fibre di amianto, in uno dei comuni italiani più tristemente noti per quella strage silenziosa compiuta dall’eternit, e che in questi anni sta registrando il picco massimo di morti. 
Tra i cinque artisti, su 90 selezionati da tutta Europa, a spuntarla è stata Gea Casolaro con un progetto dall’alto valore simbolico, intitolato “Vivaio Eternot”, che vuol far nascere piante di Davidia (o alberi dei fazzoletti o dei fantasmi), regalando ogni anno (il 28 aprile) le piante a chi, in tutto il pianeta, si è impegnato attivamente per sconfiggere la fibra killer. 
Una rinascita, insomma, che parte dallo stesso parco nato sulle ceneri dell’Eternit, con un intervento che vuole puntare tutto su un simbolo vivo di una lotta che va mantenuta, curata, trasmessa.
«È un esempio importante di congiunzione fra ricerca culturale e trasmissione dei valori universali e per questo ringraziamo fortemente tutti gli artisti che hanno partecipato al progetto, con i quali intendiamo mantenere aperto il dialogo e continuare a lavorare insieme», ha dichiarato il sindaco di Casale, Titti Palazzetti. 
Ora inizierà l’atto pratico: l’artista, insieme agli studenti dell’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Agrario locale, che si prenderanno cura della vita delle piante di Davidia, insieme all’Afeva (associazione famigliari e vittime dell’amianto) e l’Oda (Opera diocesana assistenza), prepareranno la prima “semina”, il prossimo anno spediranno le piante e passeranno il testimone ai compagni più giovani, “perché la memoria, l’impegno e la giustizia vanno innaffiate ogni giorno”.

1 commento

  1. Con tutto quello che si sarebbe potuto progettare per rielaborare il disastro, è ormai evidente che all’arte interessa l’arte facile, i codici conosciuti, altrimenti chi deve valutare non ci arriva. Se la cosa più interessante che riusciamo ad elaborare sul tema inquinamento e memoria è piantare alberi stiamo navigando secondo le stesse logiche del green marketing da expo. Io all’arte chiedo molto di più.

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