05 maggio 2016

Mordere la Grande Mela/5. Frieze. Tra grandi star arrivate alla preview, la fiera si conferma di qualità, e anche “leggera”

 

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Che Frieze sia un evento mondano, almeno nel giorno della sua vip preview, lo sapevamo. Non è un caso infatti che poche ore fa, tra gli stand della sesta edizione che inizia ufficialmente oggi a Randalls Island, si aggirasse anche Mister Leonardo Di Caprio con bodyguard al seguito. Ma com’è l’offerta quest’anno? E che dicono, a caldo, i galleristi? Per Lorcan O’Neill pare essere andata bene, visto che il giovane Gianni Politi era già venduto nel primo pomeriggio, e sono stati molti i galleristi addochiati impegnati tra contratti.
Già, perché poi da domani in poi la fiera, come molti addetti ai lavori ci avevano detto anche lo scorso anno, diventerà un po’ una “fuga dalla città” per molte famiglie della Grande Mela, con la voglia di scoprire quello che offre il colorato mondo dell’arte.
Si inizia, per esempio da Marian Goodman, con un solo show dedicato a Kentridge “Re di Roma”. Non all’altezza, nessuno ce ne voglia, dell’edizione 2015 con Giuseppe Penone, ma tutto sommato un ottimo stand. Herald St, da Londra, propone invece due pareti assolutamente “minimal” del pittore Mark Amm, e già qui c’è da fare un distinguo: molti europei, per far fronte al mercato a stelle e striscie, si sono decisamente “americanizzati”. Già, stand pieni, a volte pure troppo (vedi Perrotin, che mixa Murakami con Jesus Raphael Soto) e che tradiscono, insomma, la voglia di fare numeri. 
Decisamente punk Andrea Rosen, mentre di assoluto rigore Almine Rech di Parigi con Jhon Armleder e Peter Halley (home page), in due pareti abbaglianti. Bello l’intervento di Lawrence Weiner per Artiaco, che recita The right thing in the wrong place.
Continuiamo con una splendida delocazione di Claudio Parmiggiani (sopra) nella sezione Focus, da Meessen De Clercq di Brussels, mentre Gagosian – con l’attesissimo solo show di Damien Hirst, simbolo del ritrovato amore – ha uno stand ottimamente allestito, e ci mancherebbe, ma che colpisce poco. Va meglio per il vicino David Zwirner, che mette in mostra tra le altre una serie di opere di Isa Genzken. Sarah Sze sempre poetica, da Victoria Miro, con la sua impalpabile Remnants of a curve, una concentrazione di materiali assemblati, appoggiati e, appunto, delicati.
E i materiali, in effetti, sono un po’ i protagonisti di questa fiera leggera, e non in senso cattivo: Frieze si gode parecchio, tra moltissima pittura di ogni forma, tecnica e formato, tra disegni e tappetti e tessuti. Dimenticatevi i video, dimenticate la fotografia, lasciate perdere la scultura; tutt’al più qualche installazione. Anche questo è un nuovo trend. O forse siamo tutti asini, come quelli che si sono messi in fila (noi compresi) per vedere Maurizio Cattelan e la sua Enter at your risk – Do not touch, do not feed, no smoking, no photographs, no dog, thank you, ovvero il ciuchino nella sala con il lampadario barocco con il quale l’italiano iniziò la sua carriera americana, nel 1994, da Daniel Newburg? Aggiornamenti in corso.

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